Crollo del ponte, faro sul ministero
Il mostro di Genova A febbraio il Mit era stato avvertito dei rischi sul Morandi. Il dirigente che dopo la strage ha fatto partire la procedura di revoca è lo stesso che fu sollecitato ad accelerare i lavori sul pilone 9. Ieri la Guardia di Finanza ha sequestrato carte in tre sedi del dicastero di Toninelli, che si è detto «ben felice»
Il mostro di Genova A febbraio il Mit era stato avvertito dei rischi sul Morandi. Il dirigente che dopo la strage ha fatto partire la procedura di revoca è lo stesso che fu sollecitato ad accelerare i lavori sul pilone 9. Ieri la Guardia di Finanza ha sequestrato carte in tre sedi del dicastero di Toninelli, che si è detto «ben felice»
La Guardia di Finanza bussa al ministero delle infrastrutture. A Roma ma anche a Torino, dove ha sede il provveditorato alle opere pubbliche di Piemonte e Liguria, e a Genova, negli uffici dell’ispettorato territoriale. La procura genovese cerca le prove della mancata manutenzione straordinaria e urgente sul ponte Morandi, e le cerca – oltre che nella sede della società del gruppo Atlantia Spea Engineering, visitata ancora ieri – naturalmente al ministero, il quale dal 2012 è responsabile della vigilanza sui concessionari.
Il faro è sugli ormai famosi lavori di retrofitting sul pilone 9, dell’urgenza dei quali si è cominciato a discutere nell’ottobre 2017, con circa quindi anni di ritardo rispetto a quelli realizzati sugli altri piloni (che hanno retto). Lavori poi assegnati con il via libera del ministero solo a giugno, due mesi prima del crollo, e che sarebbero dovuti partire dopo l’estate. Ieri l’Espresso ha trovato un’altra lettera spedita da Michele Donferri Mittelli, direttore delle manutenzioni di Autostrade, indirizzata al direttore generale della vigilanza sulle autostrade, il dirigente del Mit Vincenzo Cinelli. Il 28 febbraio la società Autostrade, interessata allo sblocco dell’appalto, insisteva sulla «urgenza» delle autorizzazioni, rappresentando «l’incremento di sicurezza necessario sul viadotto Polcevera».
Malgrado sia stato proprio l’amministratore delegato di Autostrade Castellucci a dichiarare, nella prima conferenza stampa dopo il crollo, che quei lavori per oltre 20 milioni non erano così urgenti e che il ponte non risultava a rischio, la lettera è un’altra conferma che al Mit erano a conoscenza del pericolo di tenere aperto il ponte Morandi. Cinelli, nominato nell’agosto 2017 con il compito di ««vigilare sull’adozione da parte dei concessionari dei provvedimenti necessari ai fini della sicurezza», è lo stesso dirigente che su input del governo due settimane fa ha scritto ad Autostrade per denunciare le gravissime inadempienze che hanno causato il crollo. E far partire la revoca della concessione.
Il ministro Toninelli ha commentato le perquisizioni della finanza dicendosi «ben felice che si faccia chiarezza su quanto successo in passato» (corsivo nostro). Lunedì, in parlamento, aveva chiaramente messo le mani avanti spiegando che la vigilanza sulle concessionarie affidata al ministero non è efficace, perché ha pochi mezzi e personale scarso e non adeguato. Ma certo, al di là delle colpe del nuovo governo che è in carica da pochi mesi, il fatto che le responsabilità della mancata sorveglianza possano essere scaricate almeno in parte sul ministero peserà certamente nella battaglia legale che i 5 Stelle vogliono lanciare per togliere la ricca concessione al gruppo dei Benetton.
Ieri Di Maio anche dall’Egitto ha rilanciato l’obiettivo come primo punto: «Revocare le concessioni perché sono stati inadempienti». Ma il vice premier è ormai consapevole che questa strategia sarebbe messa in crisi nel caso ad Autostrade venisse affidata in tutto o in parte la costruzione del nuovo ponte, che dovrebbe poi gestire. Per questo insiste sul fatto che «il ponte lo deve costruire un’azienda di stato, noi abbiamo un gioiello che si chiama Fincantieri che può essere sostenuto da Cdp». La scelta, non è chiaro in che modo dal momento che escludendo l’attuale concessionario (ma facendogli pagare il conto) andrebbe indetta una gara europea (lo prevede anche il nuovo codice degli appalti) ricade su Fincantieri infrastructure, posseduta al 100% da Fincantieri a sua volta controllata da Cassa depositi e prestiti. Al contrario la Lega e il governatore della Liguria Toti spingono per far aprire il cantiere ad Autostrade, assegnando le commesse non alla società in house dei Benetton (Spea Engineering) ma a Fincantieri.
Presto il nodo andrà sciolto, mentre è difficile che resterà traccia dell’ultimo annuncio di Di Maio, ripetuto però ancora ieri: quella denuncia per danno erariale agli ex ministri che hanno firmato le convenzioni che appare del tutto improcedibile.
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