Il 21 marzo 1974 si registrava nel tribunale di Milano Critica del diritto. Stato e conflitto di classe. La rivista accomunava giuristi e filosofi nella volontà di rifondare la scienza del diritto sulla base di una duplice scelta: anzitutto l’opzione giuridica a sostegno dei principi costituzionali – la pace, l’uguaglianza nei due significati espressi dall’art. 3 della nostra Costituzione, i diritti di libertà, i diritti sociali e i diritti dei lavoratori – che avrebbero dovuto informare la critica del diritto esistente e la progettazione di un impegno a verificare quali fossero i caratteri essenziali del riformismo giuridico, in riferimento alla possibilità dell’attività giudiziaria di incidere positivamente sul conflitto sociale .

Si contava su una prassi giudiziaria inquadrabile in una concezione dell’intervento dello Stato non più esclusivamente repressivo, ma impegnato nella realizzazione degli interessi di tutta la collettività, . Il riformismo giuridico conseguentemente, era l’opzione politica e morale a favore dei soggetti deboli, vittime delle violazioni di quei principi, cioè degli “ostacoli”, come dice l’art. 3 cpv della Costituzione, “che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza” delle persone e che “la Repubblica ha il compito di rimuovere”.

Oggi il riformismo giuridico dà segni di stanchezza : dopo la scomparsa di partiti di coerente proiezione progressista, i ceti sociali deboli sono orfani di leader, di rivendicazioni radicali, di ambizioni riformiste, mentre i lavoratori sono oppressi, intimoriti e ricattati dalla disciplina della precarietà e della flessibilità del rapporto contrattuale.

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La rivista è quindi impegnata nell’esame di questo arretramento sociale, politico e culturale, con particolare riguardo alla denuncia di conseguenti infortuni e malattie professionali e alla carente tutela giudiziaria. Nella dolorosa casistica di morti o lesioni, la magistratura razionalmente dovrebbe procedere a una prioritaria indagine diretta ad accertare se l’infortunio lesivo o mortale risulti conseguenza non voluta di “un fatto preveduto come delitto doloso” di difficile estinzione per prescrizione e specificamente consegua al delitto di riduzione in servitù e sfruttamento del dipendente, ex art. 600 c.p. ( reclusione da 8 a 20 anni).

Quindi ,prima di accertare il delitto di breve termine di prescrizione (lesione o omicidio colposo), la magistratura dovrebbe accertare se il defunto o il leso abbiano accettato le condizioni di lavoro in “posizione di vulnerabilità” cioè in una posizione in cui -secondo la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo « la persona… non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all’abuso di cui è vittima».

Una volta identificato e punito severamente il colpevole del delitto doloso di riduzione in servitù del lavoratore in stato di necessità, si applicano, a norma dell’art. 586 c.p., le disposizioni dell’art. 83, ma le pene stabilite per i delitti di lesioni e omicidio colposo sono aumentate.

Per l’occasione del cinquantenario, la rivista Critica del Diritto ha organizzato insieme al Corso di perfezionamento in Scienze penalistiche integrate presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli Federico II un incontro dal titolo “Emergenze, diritti umani, risposte ordinamentali e sistema penale. I primi cinquant’anni di Critica del diritto”, in programma per venerdì 22 marzo 2024 alle ore 15 nell’Aula Leone dell’edificio centrale dell’Università, sito in Corso Umberto I, Napoli.

Intervengono: Carlo Amirante, Università degli Studi di Napoli Federico II; Antonio Bevere, Fondatore e Direttore di Critica del Diritto; Paola Bevere, Avvocata; Giovanni Cannella, Magistrato; Augusto Cerri, Università degli Studi di Roma Sapienza; Luigi Ferrajoli, Università degli Studi di Roma Tre; Paolo Ferrua, Università degli Studi di Torino; Luigi Stortoni, Università degli Studi di Bologna, Valeria Torre, Università degli Studi di Foggia.

Modera: Antonio Cavaliere, Università degli Studi di Napoli Federico II. Conclude: Sergio Moccia, Università degli Studi di Napoli Federico II.