Cultura

Crisi americana o disfatta editoriale?

Crisi americana o disfatta editoriale?

Express La rubrica delle pagine culturali che fa il giro del mondo

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 19 agosto 2021

L’esempio più recente di quanto siano effimeri i destini umani è la parabola di Andrew Cuomo. Additato un anno fa come uno dei pochi uomini politici capaci di affrontare la pandemia in modo saggio e risoluto, l’ormai ex governatore dello stato di New York è oggi un paria, costretto a difendersi da accuse incalzanti ed emarginato anche dai membri del suo stretto entourage, a dispetto dei suoi disperati tentativi di difendersi. Se davvero Cuomo si sia macchiato di comportamenti a dir poco inappropriati o se sia vittima incolpevole di un cambiamento culturale rapidissimo, è questione che per fortuna esula dai confini di questa rubrica (anche se sulla realtà del cambiamento culturale evocato da Cuomo è difficile avere dubbi, basti guardare una qualsiasi rom-com di una ventina d’anni fa, tipo Bridget Jones, per rendersi conto che azioni allora considerate normali sarebbero oggi sanzionabili e sanzionate).

C’è però, nella vicenda che ha scosso il mondo politico americano ben oltre i confini dello stato di New York, un risvolto editoriale di cui si è parlato poco e che invece vale la pena di analizzare, perché – scrivono sul New York Times Alexandra Alter e Elizabeth A. Harris – può essere una «storia istruttiva» per tante case editrici convinte di avere fra le mani un best seller assicurato.
Facciamo dunque un passo indietro all’estate 2020, quando Cuomo è un eroe nazionale e nulla lascia presagire quello che accadrà. Con non casuale tempismo il governatore fa sapere in giro che nei rari momenti liberi a disposizione ha scritto un libro in cui espone il suo punto di vista riguardo alla lotta contro il coronavirus.

L’uomo del momento che scrive sul tema del momento, cosa si può volere di più? Gli editori americani si scatenano in una gara per accaparrarsi i diritti di un testo così prezioso e a vincere è Crown, una sigla che fa capo a Penguin Random House, gigante dell’editoria statunitense. La cifra offerta supera i cinque milioni di dollari, «una grossa scommessa su un autore la cui precedente autobiografia aveva venduto, nella prima edizione, meno di quattromila copie», commentano Alter e Harris.

Nell’ottobre 2020 esce il libro, intitolato American Crisis: Leadership Lessons From the Covid-19 Pandemic («Una crisi americana. Lezioni di leadership dalla pandemia di Covid-19»), e lo accompagnano comunicati di questo tenore: «Con i suoi asciutti briefing quotidiani seguiti da milioni di persone in tutto il mondo, un impegno a dire la verità e un piano fondato su dati scientifici per appiattire la curva, Andrew Cuomo ha riempito un vuoto. Il governatore di New York è diventato il governatore della nazione e il portabandiera di quella risposta organizzata di cui avevamo un bisogno disperato».

Ma quasi subito appare evidente che la gallina dalle uova d’oro non è il prodigio che ci si aspettava: le vendite, dopo un breve passaggio nella lista dei best seller, sono fiacche, mentre si moltiplicano le accuse al «governatore della nazione». Già a marzo Crown annuncia di avere annullato una seconda edizione in versione tascabile. E nelle ultime settimane il cordone sanitario intorno al libro si estende, anche perché trapela la (non) notizia che per la redazione del testo Cuomo ha contato sull’aiuto di vari collaboratori («senza che siano state utilizzate risorse pubbliche», precisa un suo consulente).

Nebulosa, allo stato attuale, è la ridefinizione degli accordi economici iniziali: «Non rilasciamo mai commenti su questioni contrattuali o accordi finanziari con i nostri autori», si limita a dire il presidente di Crown, David Drake. Certo è invece che, secondo BookScan, tra il 24 e il 31 luglio American Crisis ha venduto in tutto 71 copie.

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