Crimi: «Gli editori nazionali fuori dai contributi pubblici»
Stati generali dell'editoria Il sottosegretario sostiene, per il futuro, aiuti pubblici solo alla stampa locale: «Niente moratoria ai tagli per le 7 testate che prendono milioni di euro»
Stati generali dell'editoria Il sottosegretario sostiene, per il futuro, aiuti pubblici solo alla stampa locale: «Niente moratoria ai tagli per le 7 testate che prendono milioni di euro»
«Nonostante lo shock dei tagli, vogliamo ridurre al massimo “morti e feriti” tra gli editori. Non a caso il fondo per il pluralismo è lì, non l’abbiamo abolito». Che farne allora?
All’ottava giornata degli stati generali per l’editoria Vito Crimi ci tiene a mettere bene in chiaro un paio di punti, indispensabili a capire come si interverrà alla fine del percorso.
PRIMO, IL SOSTEGNO alla stampa locale rimane e anzi potrebbe aumentare: «L’informazione locale – ribadisce il sottosegretario – ha un ruolo importante, è per esempio un presidio anticorruzione, quindi i contributi diretti vanno destinati solo alla stampa locale, che è più debole ed è l’unica che va sostenuta, non a tutto il resto».
Tra l’altro, aggiunge, «in questo modo forse riusciamo anche a liberare risorse per sostenerla meglio e di più , togliendo denari indebitamente concessi a editori nazionali che fanno concorrenza a chi invece non prende il contributo».
SECONDO PALETTO, nessuna moratoria dei tagli già previsti (-20% quest’anno, -50% il prossimo e -75% nel 2021 sopra i 500mila euro di contributo) e nessun ripensamento – almeno per ora – all’abrogazione del sostegno pubblico agli editori nazionali (come il manifesto, Avvenire e pochi altri): «161 testate percepiscono i contributi diretti, solo 20 superano i 500mila euro e di queste solo 7 superano i 2 milioni di contributo, non ci sarà nessuna moratoria – dice Crimi – per questi 20 giornali, vista le quantità di denari percepite da queste imprese negli ultimi anni».
«Alla fine faremo i conti e vedremo se i danni del taglio sono reali o solo immaginari come tante volte è successo in passato», chiosa maligno. Poi sembra scivolare: «Ci sono aziende che percepiscono il 78% di contributi rispetto al fatturato», in realtà questo sarebbe vietato dalla legge, ma magari al dipartimento hanno informazioni che non sono ancora pubbliche, visto che i dati sul primo anno con le nuove regole stabilite dal pd Lotti saranno noti a dicembre.
Il nostro fact checking del dicembre 2018
Le parole del sottosegretario fanno tirare un sospiro di sollievo agli editori locali (che esplodono in un applauso spontaneo) e delineano già un possibile futuro compromesso con la Lega dopo lo scontro recente su Radio radicale.
Ma non rendono chiaro perché, ad esempio, il sostegno al pluralismo si debba fermare ai confini di una regione.
LA REALTÀ INFATTI DICE altro. Uno: la concentrazione del mercato editoriale già oggi è ai limiti della legge Gasparri. Gedi e Rcs da soli hanno il 40% del mercato dei quotidiani (qualche zero virgola sotto al limite del 20% ciascuno). E se ci aggiungiamo anche i gruppi Amodei, Monti-Riffeser e Caltagirone si arriva a cinque -sei famiglie che controllano il 61,7% del mercato (dati Agcom I-2019).
Dunque il problema del pluralismo è conclamato anche a livello nazionale. Né si vedono, stando ai dati, gli effetti nefasti della concorrenza «sleale» dei piccoli editori in cooperativa e non profit a danno dei grandi gruppi.
Al contrario, si intuiscono benissimo i danni sul sistema nel suo complesso della possibile scomparsa di giornali nazionali o locali grandi, che magari diffondono sul territorio un quotidiano nazionale o hanno sinergie industriali (stampa, distribuzione, etc) con grandi gruppi.
Tracciare un confine assoluto tra locale e nazionale, al di là della distribuzione geografica della testata è un controsenso industriale e culturale.
(Guarda come funziona il sistema di sostegni pubblici negli altri paesi europei)
PARADOSSALMENTE, dunque, la giornata degli stati generali dedicata ai problemi degli editori è stata tra le meno interessanti del percorso. Si è parlato di tutto e di più: dalla guerra delle piattaforme tra Cina e Stati uniti ai problemi dell’edicolante di Ponte Mammolo.
Tutto e il suo contrario, in un dedalo inestricabile in cui ogni minuto perso è un minuto in più di danno al sistema editoriale nella sua interezza. Diritto d’autore, rassegne stampa, ricavi da edicola, gestione delle rese e del fornito, raccolta pubblicitaria digitale e non, contratti di lavoro applicabili, è chiaro che nel calderone «editori» c’è tutto.
[do action=”quote” autore=”Vito Crimi, 20 giugno 2019″]«Conti li faremo, numeri alla mano e vedremo quali danni ha fatto il taglio, se solo reali o immaginari»[/do]
TRA I QUASI 20 INTERVENTI, restano forse la richiesta di un tavolo permanente che possa sciogliere i nodi, il ripristino del credito di imposta per la pubblicità incrementale reclamato a gran voce dalla Fieg (e se cui Crimi promette attenzione, se necessario anche con un ddl ad hoc), l’impossibilità di lasciare tutto il sistema al mercato (anche se l’avvocato Matteo Bonelli – nel panel introduttivo non si sa a che titolo preciso – ha invocato più volte la «distruzione creatrice» del mercato).
Il confronto ora è agli sgoccioli. Al governo il compito di dipanare la matassa e gestire le energie che ha sollevato.
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