Chi si rivede, l’incide Rt. Anche se era andato in pensione insieme alle zone a colori con la fine dello stato di emergenza, rimane il termometro più utilizzato dagli esperti per misurare l’evoluzione dell’epidemia di Covid-19. Secono l’ultimo monitoraggio della cabina di regia che riunisce il ministero della salute e l’Iss, la scorsa settimana l’indice è tornato sopra quota 1, la soglia che indica un contagio in accelerazione. Sui dati più aggiornati e ancora da consolidare, l’indice sarebbe persino vicino a 1,5 secondo i dati elaborati dalla Fondazione Bruno Kessler per il governo.

D’altronde, anche senza l’indice Rt è evidente a tutti che i casi siano in aumento e che ciò non dipenda da una corsa al tampone (al contrario).

L’INCIDENZA NAZIONALE è balzata da 310 a 504 nuovi casi ogni centomila abitanti, +62% in una settimana. Le regioni con più casi sono la Sardegna (681 casi settimanali per centomila abitanti), Lazio (673) e Veneto (623), sintomo che l’ondata non fa differenza tra nord e sud. Per ora, l’impatto sulle strutture sanitarie è limitato: i pazienti positivi ricoverati salgono dal 6,7 al 7,9% sul totale e dall’1,9 al 2,2% in terapia intensiva. Ma sono percentuali che si muovono con 1-2 settimane di ritardo rispetto ai casi positivi.

È SEMPRE PIÙ EVIDENTE che la forza trainante di questa ondata siano le due nuove varianti del virus BA.4 e BA.5. Dai dati dei laboratori regionali che sequenziano i virus in circolazione, questi due nuovi ceppi rappresentano il 53% dei coronavirus in circolazione. La capacità di aggirare le difese immunitarie è dimostrata dai dati sulle reinfezioni di persone già guarite: nel 2021 erano state circa l’1% del totale, con la variante omicron erano salite al 4%, ora rappresentano l’8% del totale. Il direttore generale della prevenzione al ministero della salute Gianni Rezza ieri ha richiamato l’utilità delle mascherine – oggi scomparse anche in molti luoghi al chiuso – e del richiamo vaccinale. La «quarta dose» finora è stata un flop: ha scelto di farla finora solo il 18% degli ultraottantenni.

SU QUESTI DATI PESA però l’incertezza di un monitoraggio assai poco accurato per mancanza di personale. In Puglia, Toscana, Umbria, Marche e Liguria gli addetti al tracciamento sono scesi al di sotto delle soglie raccomandate (un addetto ogni diecimila abitanti) e solo sei regioni su venti forniscono dati sufficientemente completi per valutare l’evoluzione dell’epidemia. In più, oggi ci si tampona solo quando ritenuto strettamente necessario. Lo prova il tasso di positività dei tamponi salito sopra il 20% in quasi tutte le regioni. In Toscana, è positivo addirittura il 76% dei tamponi fatti (esclusi gli screening e i tamponi ripetuti).

Nel bel mezzo dell’ondata, politici e operatori sanitari si dividono sulle risposte da mettere in atto. Il sottosegretario alla salute Andrea Costa ribadisce la sua proposta di lasciar circolare i positivi asintomatici: «Se vogliamo arrivare alla convivenza con il virus – ha detto ieri su Rai Tre – significa che quando siamo di fronte a positivi, senza sintomi e magari sono anche vaccinati, prima o poi dovremo prendere in considerazione l’ipotesi di togliere l’isolamento». Di parere opposto l’epidemiologo Massimo Ciccozzi, secondo cui «con un rialzo dei contagi come quello attuale non si può dare lo stop alla quarantena degli asintomatici». Il sindacato dei medici Cimo-Fesmed avverte che anche una piccola ondata può mandare in tilt gli ospedali. «Le strutture sono già a rischio collasso, i Pronto soccorso sono intasati, abbiamo milioni di prestazioni da recuperare e le liste d’attesa sono interminabili» dice il presidente Guido Quici. «Il personale sanitario è stremato e insufficiente, ulteriormente ridotto dalle più che meritate ferie e dai contagi che tra gli operatori sanitari galoppano: negli ultimi 30 giorni sono 15.971 i casi registrati dall’Iss, a fronte dei 4.684 di sei mesi fa. Comprendiamo la stanchezza dei cittadini e il loro desiderio di mettersi alle spalle l’emergenza, ma il virus non è sparito».

L’ITALIA NON È SOLA a fronteggiare le nuove varianti. In Germania e Francia i nuovi casi giornalieri sono ancora più numerosi che da noi (ma si fanno anche più tamponi). In Portogallo, primo paese investito dall’ondata BA.4-BA.5 all’inizio di maggio, l’ondata ha toccato un picco nei primi giorni di giugno e il numero dei contagi ora sta tornando ai valori precedenti senza necessità di particolari restrizioni. La speranza di tutti è che anche in Italia l’ondata di giugno si esaurisca senza troppi danni.