Siti e testate in lotta contro la censura di Facebook
Guerra in Siria e sostegno ai kurdi Alle 13 di venerdì 18 ottobre conferenza stampa nella sede della Fnsi: «Continueremo a documentare e sostenere le lotte per giustizia e diritti». Di nuovo online due pagine censurate
Guerra in Siria e sostegno ai kurdi Alle 13 di venerdì 18 ottobre conferenza stampa nella sede della Fnsi: «Continueremo a documentare e sostenere le lotte per giustizia e diritti». Di nuovo online due pagine censurate
Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi) e Rete no bavaglio sostengono la battaglia delle testate censurate da Facebook. Parliamo di DinamoPress, Global Project, Radio onda d’urto, Milano in Movimento, Infoaut e Contropiano. Domani, venerdì 18 ottobre, alle 13 si esprimeranno in una conferenza stampa nella sede del sindacato dei giornalisti. «Come testate che hanno da sempre sostenuto istanze di libertà e democrazia reale continueremo a essere in prima linea nel documentare e supportare le lotte per giustizia, uguaglianza e diritti in ogni angolo del mondo», scrivono in una nota.
NEL FRATTEMPO L’EPURAZIONE di massa dal social network continua. Lunedì era toccato alle reti solidali con il popolo curdo. Mercoledì ai siti menzionati (sebbene le pagine di Global Project e Contropiano siano di nuovo online). In queste ore l’operazione si sta diffondendo tra i centri sociali. Già eliminati: Cantiere (Milano), Magazzino47 (Brescia), Askatasuna (Torino), Tpo e Làbas (Bologna). Il deputato Nicola Fratoianni (Liberi e Uguali) ha chiesto un incontro al country manager di Facebook Italia: «Voglio sapere dalla loro viva voce se hanno deciso di fare censura e perché».
IERI POMERIGGIO alle 19 italiane, Mark Zuckerberg ha tenuto un discorso alla Georgetown University su libertà di espressione e relative limitazioni in un social che «dà voce» e «mette insieme» 2,4 miliardi di persone. Il Ceo ha argomentato l’importanza di evitare chiusure e limitazioni anche nei momenti di forte polarizzazione politica e tensione globale. Ha al contempo affermato che la sua azienda sta investendo più di tutti nel perfezionamento di strumenti che bilancino la libertà di espressione con i «discorsi offensivi o pericolosi». Ad esempio quelli che riguardano pornografia, discriminazione o propaganda di organizzazioni terroristiche. «Il problema è dove stabiliamo il confine – ha detto Zuckerberg – La maggior parte delle persone è d’accordo che si deve poter dire anche ciò che alla gente non piace, ma non cose che mettono in pericolo altre persone».
QUESTA CONSIDERAZIONE di apparente buon senso, però, poco aggiunge al tema. Chi decide se le immagini delle bandiere del Pkk e di Abdullah Öcalan, all’origine degli oscuramenti delle pagine, causano più pericoli alle persone dell’account con 9,2 milioni di follower del premier turco Recep Tayyip Erdogan? «Il Pkk è inserito nelle liste del terrorismo internazionale», direbbe Facebook. Vero, ma singolare per chi proprio ieri ha ribadito che «la base della democrazia è il diritto delle società private di stabilire la policy delle news». Anche perché, visto che di notizie siamo arrivati a parlare, oltre alla libertà di espressione esiste anche il diritto di cronaca, cioè di pubblicare (e leggere) tutto ciò che è collegato a fatti e avvenimenti di interesse pubblico o che accadono in pubblico.
COME HANNO FATTO testate e pagine incriminate, documentando manifestazioni di migliaia di persone in cui i simboli curdi sono sempre presenti. Che farlo abbia anche significato prendere posizione è certo. La posizione che difende il diritto alla vita e alla pace del popolo curdo. Anche dietro bandiere che non rispettano la policy del social network.
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