Si vedranno domani pomeriggio. Sabato Mario Draghi e Giuseppe Conte si sono sentiti al telefono giusto il tempo di fissare l’appuntamento. Conferma ulteriore che il dialogo tra i due è assai difficile. L’ex presidente del Consiglio ha deciso di convocare il Consiglio nazionale del Movimento 5 Stelle domattina, per consultarsi prima di andare a palazzo Chigi dal presidente del Consiglio in carica. Un modo per caricare ancora di più di importanza l’occasione. «I nostri ci chiedono di uscire dal governo», ha già detto in più occasioni Conte. E due giorni fa per appesantire il clima ha lasciato intendere di credere che proprio Draghi abbia suggerito a Luigi Di Maio la scissione.

Di Maio ieri ha naturalmente smentito con poche parole, sempre impegnato nel ruolo di politico accorto: «Non scherziamo su queste cose». Poi ha aggiunto che «evocare telefonate e sms del presidente del Consiglio del tutto presunte di cui non si vede alcun riscontro serve solo a indebolire il governo».

Conte avrebbe intenzione di farsi consegnare dal Consiglio nazionale – composto dai vicepresidenti e da altri esponenti noti del Movimento come i capigruppo di camera e senato, Appendino e Bonafede – una lista di richieste a Draghi, le condizioni del Movimento 5 Stelle per non lasciare il governo. In cima alla lista ci sarebbe sicuramente la richiesta di non mettere la fiducia sul decreto legge all’interno del quale c’è la famosa norma che sblocca la costruzione dell’inceneritore di rifiuti a Roma, costruzione alla quale i 5 Stelle restano contrarissimi.

Presentarsi a palazzo Chigi con una lista di ultimatum non è certo il modo migliore per favorire un chiarimento, ma più ancora di qualche singola richiesta «l’avvocato del popolo» ha bisogno che al Movimento venga riconosciuta quella «importanza» che Draghi ha citato in conferenza stampa. C’è per esempio un altro passaggio dietro l’angolo che rischia di rimettere subito tutto in discussione, si tratta del nuovo decreto interministeriale sulla fornitura di armi all’Ucraina atteso forse in settimana.

Conte dice il vero quando racconta che dall’interno del suo Movimento le pressioni per liberarsi dal governo e lanciarsi verso una più facile campagna elettorale dall’opposizione sono forti. Ma il modo in cui prima Letta, poi Draghi e infine anche il Quirinale hanno messo in chiaro che non ci sarà una quarta formula di governo in questa legislatura e che nel caso di crisi si andrà alle elezioni in autunno ha certamente raffreddato molti spiriti. Il Movimento dopo la scissione di Di Maio è nel suo momento di massima debolezza, certificato peraltro dai sondaggi. Debolezza che riguarda anche il suo presidente. Se Conte è a disaggio in maggioranza, non è detto che se si spostasse all’opposizione la sua posizione personale si rafforzerebbe.