Ufficialmente del caso italiano a Bruxelles in questa occasione non si parla: di grane ce ne sono già a sufficienza con lo stallo sulle nomine. Ma ritrovarsi negli stessi corridoi senza fare cenno a un problema enorme per l’intera Ue è impossibile. Lo spettro della procedura e le mosse messe in campo da Roma per evitarla spuntano sicuramente nel colloquio informale tra Conte e Juncker, ma probabilmente anche in quelli con Merkel – perché per Roma l’appoggio della Germania e della Francia è condizione essenziale – e con Tusk. La soluzione, però, non è a portata di mano. «Per fermare la procedura serve un vero miracolo», confessa Conte.

LA LETTERA DI CONTE recapitata alla commissione Ue solo nella versione italiana, uno sgarbo diplomatico di prima grandezza per gli standard di Bruxelles, è riflesso fedele dello stile precipitoso e abborracciato con cui l’Italia fronteggia la minaccia di procedura per debito e conseguente commissariamento. A Bruxelles Conte è arrivato con quasi niente in mano: una lettera che nella sostanza somiglia a una pagina bianca e 2 miliardi già messi da parte, ora scongelati come un Findus. Alla commissione non basta né Conte si aspettava che potesse bastare. Moscovici lo dice con il suo abituale stile obliquo: «Prenderemo in considerazione la lettera ma la procedura è giustificata». E non la si evita «attraverso commenti sulle regole, ma sul rispetto delle regole».

PALAZZO CHIGI RIBATTE informalmente che le regole vanno interpretate in modo intelligente. Il premier mette apertamente sul tavolo l’intreccio tra la partita della procedura e quella delle nomine: «Voteremo qualsiasi presidente che voglia cambiare le regole». Ma questa non è una disquisizione dottrinaria. Servono miliardi e Tria, a metà giornata, tira fuori un nuovo coniglio dal cilindro: il 28 giugno chiederà alla Cassa depositi e prestiti un extra dividendo di un miliardo. Non basterà neppure quello. Il piatto forte dovrebbero essere i risparmi su Quota 100 e reddito di cittadinanza: 3 miliardi che avrebbero dovuto essere messi a copertura del deficit già nel consiglio dei ministri di mercoledì notte. Il passo è stato invece rinviato al 26 giugno, quando il governo dovrebbe varare la legge di assestamento del bilancio.

A frenare è ancora la Lega, sulla base di un calcolo ruvido ma dotato di una propria innegabile logica: mettere quei soldi a copertura del deficit senza avere ricevuto prima garanzie sulla cancellazione della procedura significherebbe sborsarli a fondo perduto. Per privarsi del «tesoretto» il Carroccio vuole essere certo che la procedura non sarà avviata né in luglio né in settembre e che la commissione è pronta ad accettare una legge di bilancio con la Flat tax, sia pure introdotta gradualmente e coperta da tagli alle spese, come si è impegnato a fare Tria.

Per la commissione è una condizione probabilmente proibitiva. Non si tratta di una manovra correttiva in grado di indicare quel cambio di rotta in politica economica che Bruxelles reclama. Le misure a cui si affida il governo italiano, poi, sono tutte non strutturali e intervengono sul deficit mentre la Ue chiede che sia aggredito drasticamente il debito. In queste condizioni una commissione in scadenza anzi già quasi scaduta, senza fatti nuovi nei prossimi giorni, proporrà quasi certamente l’avvio della procedura. Ma il Consiglio potrebbe poi «congelare» l’iter senza dichiararlo ufficialmente, facendo slittare la decisione dal 9 luglio al primo agosto e quindi, data la pausa estiva, sino alle soglie di settembre. Sarebbero poi la nuova commissione e la nuova presidenza del Consiglio a dover sbrigare la faccenda.

SAREBBE COMUNQUE un esito ad alto rischio. Per affrontare l’agosto minimizzando la minaccia della speculazione sui mercati l’Italia avrebbe bisogno almeno di un segnale positivo, un riconoscimento che un passo nella direzione che la Ue considera giusta è stato fatto. Dal canto suo la Lega sa che o la partita si chiude ora oppure, dopo agosto, perderà la chance di aprire la crisi e arrivare allo showdown dopo le elezioni e con un nuovo governo. Per Conte e per il governo italiano la soluzione del rebus resta lontana.