Lavoro

Con la fine dello stato d’emergenza circa 1500 sanitari a rischio

Con la fine dello stato d’emergenza circa 1500 sanitari a rischio

Calabria Sono stati reclutati per la pandemia con contratti a termine. Sono pronti a fermare tutto il comparto regionale con uno sciopero generale

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 25 giugno 2021

La mobilitazione è ad oltranza. I sanitari sono in agitazione permanente. Aspettano con ansia una risposta dal governo. Sono pronti a fermare tutto il comparto regionale con uno sciopero generale. Sono quasi 1500, erano stati reclutati per affrontare la pandemia. Hanno coperto per oltre un anno i presidi ospedalieri sotto organico di tutta la Calabria. Ma dopo esser stati spremuti a ritmi incessanti, a breve potrebbero tornare a casa e ritrovarsi a spasso, in una regione con un tasso di occupazione del 41% (rapporto tra occupati e popolazione), vicino a quello della Tunisia (40,6%). In Italia il tasso è al 58,1%, in Ue al 67,7%.

Il personale medico e infermieristico ora in lotta fu assunto nel 2020 con contratti di lavoro a tempo determinato, finanziati con i fondi Covid. I lavoratori hanno cerchiato in rosso una data: è il 31 luglio. Quel giorno il governo dovrebbe porre fine allo stato d’emergenza. Ma per loro sarebbe una mannaia. Scadono i contratti di lavoro a tempo determinato. E se il governo non lo prorogherà, i 1474 sanitari saranno disoccupati dal 1 agosto. Per capire la gravità di questa situazione, bisognerebbe avere un padre morto di coronavirus in ambulanza o una sorella che ha partorito in piedi, da sola, nel reparto Covid dell’ospedale di Cosenza, mentre il ritardo per ottenere il risultato del tampone Covid ne sbarrava l’accesso ad Ostetricia. Tutti fatti reali.
«Per capirci, siccome i Commissari ad acta devono attuare il piano di rientro, sottostimano il fabbisogno di personale. Se a Bologna pur di mandare avanti un reparto servono 20 operatori (tra medici, infermieri, Oss e tecnici), a Catanzaro ne devono bastare 16.», sottolinea Vittorio Sacco, dell’Usb Sanità. Così ospedali come il Pugliese Ciaccio del capoluogo rischiano di chiudere quando saranno tagliati anche i 206 precari in scadenza il 31 luglio. «Con la pandemia – aggiunge Sacco – i tempi d’attesa per esami ambulatoriali sono letteralmente quadruplicati: se prima ci volevano cinque mesi, adesso bisogna aspettare un paio di anni. E non bisogna sottovalutare che l’emergenza non è finita. Solo a Catanzaro ci sono tre ricoverati con sindrome respiratoria, positivi a Covid, che hanno già fatto le seconda dose di vaccino. La variante Delta sta arrivando».

Per la metà di luglio l’Unione sindacale di base (Usb) ha proclamato lo sciopero dell’intera categoria. Ma il ciclo di lotte va avanti da tempo. «Gli infermieri del reparto di rianimazione dell’ospedale di Cosenza – spiega Vittoria Morrone dell’Usb – sono scesi in piazza contro i turni aggiuntivi pagati a 50 euro all’ora che l’azienda proponeva loro. Non vogliono più soldi, bensì poter garantire un’assistenza adeguata e dignitosa ai pazienti e alle pazienti. Nel reparto di rianimazione la legge prevede che ci sia un infermiere ogni due posti letto, all’Annunziata di Cosenza il rapporto è 1:5». Forse gli angeli antiCovid non voleranno più. Ma una cosa è certa: sarà difficile tarpar loro le ali.

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