La proposta governativa di introdurre il premierato ‘all’italiana’, oltreché autentica anomalia nell’ambito dei sistemi democratici elettivi (nessuno elegge il premier), si caratterizza per un verticismo esasperato e definitivo, non ostacolato da nessun altro potere. Quale persona o quale ruolo, infatti, potrebbe porsi in modo oppositivo – come democraticamente accade nel bilanciamento dei poteri – ad una carica eletta a furor di popolo? Nessuno. Tantomeno quella di Presidente della Repubblica, svuotata del potere di nominare il Presidente del Consiglio (art.92 della Costituzione), pur mantenendone altri a partire dal comando delle forze armate, la presidenza del Consiglio supremo della difesa e quella del Consiglio superiore della magistratura.

La tenuta del nostro sistema costituzionale, non solo in dottrina, ma alla luce dell’esperienza storica e contemporanea, dipende fortemente dalla figura del Presidente della Repubblica.

Non solo, la sua autorevolezza e credibilità istituzionale hanno fin qui costituito un argine all’allontanamento della cittadinanza dalle istituzioni ed una risposta concreta e forte al bisogno di orientamento, di autorità di parola, di unità del Paese. La proposta della destra si muove in tutta evidenza nell’ambito della tendenza alla compressione degli spazi di democrazia per concentrare in una sola persona uno straripante potere che minaccia di diventare dominio, affievolendo gli altri poteri, generando squilibri e incoerenze nell’assetto costituzionale complessivo.

Avremo modo di confrontarci a lungo sulla materia, sviscerandone tutte le caratteristiche giuridiche e politiche, le contraddizioni e i pasticci evidenti, anche in vista del referendum che noi ci auguriamo tombale per i propositi della destra. Intanto vorremmo qui proporre un terreno di confronto alla luce del dibattito e della presa di parola pubblica anche maschile sul “Patriarcato”, evocato con forza simbolica e pregnanza politica da Elena Cecchettin, sorella di Giulia, vittima di femminicidio per mano dell’ex fidanzato.

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Nel contesto attuale nel quale si muove la società occidentale da qualche decennio, il conflitto tra i sessi sta inabissandosi nel conflitto dominati-dominatori: il rapporto con le istituzioni si è fatto assai più complesso. Siamo in un delicatissimo passaggio in cui il “potere” si sta trasformando in dominio, annientando “i poteri” diversificati e separati tra loro; un passaggio in cui non ci sono più padri, ma leader. Insomma, il “padre” democratico non è più centrale, dato che gli uomini al potere non mostrano di avere più a cuore la democrazia, ma nella ambiguità di ogni orizzonte futuro, si adoperano a destabilizzare ulteriormente il fragile equilibrio della convivenza pacifica e solidale.

La esorbitante concentrazione dei poteri in una sola figura istituita (sia essa donna o uomo) segna l’ultimo tentativo misogino di far sopravvivere l’ordine maschile divenuto dominio. Sorprende la deriva misogina di Giorgia Meloni – non a caso ha scelto di chiamarsi Il Presidente – e delle donne della compagine di governo, evidentemente più attratte dalla storia maschile impositiva, quando non esplicitamente oppressiva, piuttosto di prendere coscienza di come la storia politica e filosofica delle donne abbia a cuore la cura della democrazia e la sua rigenerazione.

La proposta meloniana va compresa proprio alla luce dell’evocazione patriarcale da lei prediletta “Dio, Patria, Famiglia”, in cui è lecito leggere un tentativo disperato, e pericoloso, di restituire fiato e futuro ad un patriarcato, non più credibile agli occhi delle donne, insostenibile sempre di più per molti uomini, non più funzionante come dispositivo di ordine simbolico e sociale. Dispiace rendersi conto che vi sia tanta inconsapevolezza e molta ignoranza del pensiero delle donne, in un paese come il nostro che è considerato all’avanguardia degli studi e delle proposte femminili.

Occorre, perciò, far avanzare in ogni luogo possibile un dibattito sapiente per articolare una proposta culturale e politica delle donne in grado di contrastare questa degenerazione e di individuare la strada per rigenerare o creare nuove istituzioni democratiche.

* capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera