Nikos Christodoulidis è il nuovo presidente della Repubblica di Cipro, eletto domenica alla seconda tornata delle elezioni, avendo battuto il suo avversario Andreas Mavroyiannis. Ambedue candidati conservatori, ambedue indipendenti, in aperta polemica con il partito di destra Disy (Adunata Democrarica) e ancora di più con il presidente uscente.

Nikos Anastasiadis è uscito di scena umiliato per la diffusa corruzione, lo scandalo della vendita di cittadinanze europee. Ma anche per la maldestra gestione della questione di Cipro, svalutando i colloqui con la comunità turco-cipriota e favorendo di fatto le manovre aggressive di Erdogan. Così il presidente turco ha avuto gioco facile prima a piazzare un suo uomo, Ersin Tatar, ricercato dall’Interpol, a capo della parte di Cipro occupata. E poi estendere l’area sotto occupazione anche sul terreno neutrale di Famagosta, violando la relativa risoluzione dell’Onu.

Sonora disfatta quindi del partito di destra Disy e rientro in gioco dei comunisti di Akel che, pur non avendo eletto il loro candidato alla prima tornata delle elezioni, sostengono in pieno la strategia del nuovo presidente riguardo al problema cipriota.

Christodoulidis è un profondo conoscitore dei problemi dell’isola, essendo stato a lungo ministro degli Esteri. Conversando con un esperto diplomatico cipriota che ha collaborato a lungo con il nuovo presidente, si capisce che le sue mosse saranno basate sul coinvolgimento dell’Europa. Ripresenterà la sua domanda, sostenuta da Macron a suo tempo, che riprendano i negoziati con la comunità turco-cipriota per la riunificazione dell’isola su basi federali, in presenza di un inviato speciale del Consiglio Europeo.

Un’altra carta che, secondo il diplomatico cipriota, giocherà Christodoulidis sarà quella energetica. Sfruttare le riserve sottomarine dell’isola rinnovando la feconda rete di collaborazione con i paesi dell’area, Egitto, Israele, Libano, Grecia, Malta, una rete estesa anche al Golfo ma che coinvolga di nuovo l’Italia, che nel 2018 obbligò l’Eni a ritirarsi dalla regione cedendo alle minacce delle cannoniere turche.