Chase, il ladro d’Europa
A Venezia, Ca' Pesaro, la prima mostra italiana di William Merritt Chase Versatile, virtuoso, innovativo, il pittore americano è un caso esemplare di arte internazionale, fra antichi maestri, accademia tedesca, novità francesi (Manet, Degas)
A Venezia, Ca' Pesaro, la prima mostra italiana di William Merritt Chase Versatile, virtuoso, innovativo, il pittore americano è un caso esemplare di arte internazionale, fra antichi maestri, accademia tedesca, novità francesi (Manet, Degas)
Il pittore, anziano, è nel suo studio sulla Quarta Strada di New York. Guarda verso di noi. Il volto appare serio e autorevole. Sa di essere un maestro internazionalmente riconosciuto. Ha la barba pettinata e i larghi baffi all’insù. Il cordoncino scuro del pince-nez che gli orla gli occhi si perde nel panciotto. La mano destra è in riposo. La sinistra regge dei pennelli, uno strofinaccio e la tavolozza, dove squilla un rosso cadmio che richiama, lì vicino, la lattina di solvente e i rapidi fiori sul raso cangiante del tavolino da lavoro. Intorno lo spazio è mosso da colori vibrati. Gli innumerevoli quadri e le giapponeserie sfocate alle spalle del pittore baluginano e si disperdono nei riverberi di una finestra al fondo. La sua figura, in primo piano, ripresa di tre quarti, è ferma in piedi davanti a una tela appena iniziata, su cui sono impresse rapide e astratte pennellate grigie.
L’artista che ritrae se stesso in questo modo è William Merritt Chase. Sarà il suo ultimo autoritratto.
Ai giovani studenti presenti alla sua conferenza, tenuta poco prima di morire al Metropolitan Museum of Art, Chase dirà: «… mettete voi stessi su quella tela. Ciò che vogliamo davvero conoscere non è il pittore, ma la sua personalità». Durante la stessa conferenza, lui – che tanto aveva lavorato per la costruzione della propria immagine internazionale di artista-ponte tra Vecchio e Nuovo Continente – non farà segreto del suo debito nei confronti dei grandi maestri europei del passato (Hals, Rembrandt, Velázquez) e di quelli contemporanei (Manet, Degas, Whistler, Leibl, Fortuny, de Nittis, Mancini). Dichiarerà in quella sede di essere stato «un ladro; ho rubato per tutta la vita; non sono mai stato così sciocco e sconsiderato da trattenermi dal rubare per timore di essere giudicato poco “originale”. L’originalità si trova nelle grandi composizioni che si possono allestire».
Di queste sue originali, virtuose, versatili, eterogenee composizioni dà ora contezza la Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’Pesaro di Venezia attraverso una selezione di quasi sessanta opere. Dopo le tappe di Washington e Boston, queste opere vengono presentate, fino al 25 maggio, per la prima mostra monografica in Europa di William Merritt Chase (1849-1916): un pittore tra New York e Venezia, curata da Elsa Smithgall, Erica E. Hirshler, Katherine M. Bourguignon e Giovanna Ginex (catalogo edito da Magonza, € 50,00).
ll dissidente Leibl
Figlio di un negoziante di scarpe dell’Indiana, Chase insegue il suo talento di pittore frequentando la National Academy of Design di New York. In cerca di un’esperienza più radicale si trasferisce in Germania nel 1872, per formarsi alla prestigiosa Akademie der Bildenden Künste di Monaco di Baviera. Qui segue i corsi di Karl Theodor von Piloty, illustre rappresentante di una tradizionale e virtuosistica pittura storica, che imprime una tecnica solida nel giovane artista americano. Chase viene apprezzato e riconosciuto nell’ambito accademico, ma, liberale e ambizioso, oltre a studiare e imitare gli antichi maestri dell’Alte Pinakothek, lascia che le nuove correnti figurative francesi spirino nella camera oscura della sua macchina visiva. Manet, Degas, e la loro innovativa pittura «di figura», che aveva preso le mosse già nel decennio trascorso, filtrano in lui anche attraverso la frequentazione di artisti dissidenti come Wilhlelm Leibl e la sua cerchia.
Il primato della visione, le campiture a pennellate disomogenee, l’attenzione alla vita contemporanea, la ricerca di nuove prospettive e nuovi canali espositivi sono alcuni degli elementi di questa sensibilità antiaccademica contemporanea. Chase sembra aderirvi più per volontà di stupire e far risaltare il proprio talento, che per reale convincimento. Prova ne sono i due notevoli lavori, «Keying up»-The Court Jester (Il buffone di corte) del 1875, e Ready for the Ride (Pronta per la cavalcata) del 1877, realizzati a Monaco e spediti in America, dove entrambi furono acclamati nelle rispettive mostre alla Philadelphia Centennial del 1876 e alla progressista Society of American Artists del 1878. Opere così diverse tra di loro, da farle sembrare di artisti diversi. Virtuosistica fantasia accademica la prima (che risente ancora delle lezioni di Piloty), e fiero e moderno ritratto femminile la seconda, che inaugura una lunga serie di raffigurazioni di donne «nuove», emancipate, colte e attive, appartenenti alla nativa borghesia emergente.
Una volta conclusi gli studi a Monaco, Chase, prima di rientrare nel 1877 a New York, trascorre nove mesi a Venezia, in Fondamenta San Trovaso, non distante dalle Gallerie dell’Accademia. Qui, dove ritornerà a più riprese lungo la sua vita, non si lascia coinvolgere dal mercato del pittoresco e dal facile souvenir per turisti stranieri. Si rivolge allo studio degli effetti luminosi e atmosferici della Laguna, spingendosi più volte al Lido per realizzare vedute en plein air. Entra in contatto con artisti autoctoni a lui affini, come Giacomo Favretto e Luigi Nono, concentrati sull’umile realtà quotidiana. In questo spirito nasce un’opera dal carattere realista come A Fishmarket in Venice (Un mercato del pesce a Venezia), dove un lacero pescatore è ritratto sullo sfondo di una ricca composizione di pesci e ceste. Ma, dopo dieci anni, insoddisfatto di questa opera di genere, Chase la modifica secondo uno stile appreso dai maestri fiamminghi e spagnoli: cancella il pescatore e cambia il titolo in The Yiald of the Waters (Il prodotto delle acque), rendendola così una vera e propria natura morta dal sapore antico, che sarà un filone di grande successo commerciale, successo inseguito dall’artista per tutta la sua carriera.
Maestro dei modernisti
Prima di ripartire per gli Stati Uniti, gli viene proposto l’insegnamento all’Accademia monacense. Ma Chase sente che il futuro della pittura è in America, e lui vuole esserne uno dei protagonisti. Accetta di insegnare a New York, all’indipendente Art Student League. E con un suo proprio stile istrionico, generoso e performativo, conduce una intensa attività di docenza in varie istituzioni americane ed europee, creando anche una propria scuola nella Grande Mela, la Chase School of Art (poi denominata New York School of Art), e l’ambita scuola estiva Shinnecock Hills Summer School of Art, a Long Island. In più di trent’anni di attività, tra le migliaia di studenti, partecipa ai suoi corsi anche la migliore generazione modernista del futuro, tra cui Joseph Stella, Edward Hopper e Georgia O’Keeffe, la quale, seguendo le sue lezioni nel 1907, lo ricorda come un uomo fresco, energico, entusiasmante.
L’adagio di Gustave Courbet, «savoir pour pouvoir», sembra implicito nell’approccio pedagogico di Chase, la cui produzione pittorica, dalla tecnica solida ma dagli esiti eclettici, era radicalmente differente dal suo stimato rivale, Robert Henri, più vocato a un’attenzione empatica del soggetto. I fieri ritratti femminili, l’esotica moda del giapponismo, le originalissime riprese delle intimità familiari, così come le ampie vedute di città e i paesaggi naturali, unitamente alle sue nature morte antichizzanti, sono i vari filoni della sua sconfinata produzione. Produzione che fa di questo avido collezionista di opere del passato, e di fotografie di Eadweard Muybridge, un artista americano nato nel segno di un paradiso perduto: la Vecchia Europa.
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