Charlotte Brooks, le piante illustrate, anzi reinventate
Arte botanica Il patrimonio della Royal Horticultural Society, ricchissimo, rimonta all’anelito classificatorio degli illustratori del ’700. La produzione odierna è meno scientifica e più stilistica: un libro, «Illustrazione botanica», adesso lo attesta
Arte botanica Il patrimonio della Royal Horticultural Society, ricchissimo, rimonta all’anelito classificatorio degli illustratori del ’700. La produzione odierna è meno scientifica e più stilistica: un libro, «Illustrazione botanica», adesso lo attesta
Prima ancora di precisarsi come genere a sé l’illustrazione botanica svolge a lungo la funzione di accompagnare e puntellare l’anelito classificatorio che fin dal XVIII secolo, nel quadro del dilatarsi di orizzonti e curiosità naturalistiche, anche per via dei nuovi viaggi di esplorazione, informa il definirsi della botanica come disciplina.
Frutto perlopiù di rilevazioni dirette da parte di abili disegnatori, in collaborazione stretta tra pittori e botanici, nonché di successive rielaborazioni e sistematizzazioni come materiali d’insegnamento o in vista di pubblicazioni complessive, queste immagini restituiscono variamente informazioni accurate, focalizzando aspetti anatomici e funzionali o illustrando il progredire delle diverse fasi di sviluppo dei soggetti ritratti, dal seme al frutto.
In un inesausto operare per tentativi, tra giardinieri e botanici, appassionati e collezionisti, finisce così per precisarsi un linguaggio condiviso, immediatamente comprensibile, a vari livelli di approfondimento e per un pubblico internazionalmente diffuso. Con esiti diversi, attitudine analitica e aspirazione per la catalogazione si combinano a curiosità, meraviglia, valenza conoscitiva del saper cogliere sinteticamente la varietà del reale.
Narrazioni di grande raffinatezza, nell’impaginazione del soggetto come nella cura scientifica della resa dei dettagli, sono quelle delle tavole realizzate da quel Sydney Parkinson, pittore di talento che il grande naturalista e botanico inglese Joseph Banks invia nel Pacifico al seguito del primo viaggio di esplorazione dell’Endeavour, nel 1768. Mentre, a partire dagli schizzi rilevati sul campo, e ripresi poi al ritorno dai viaggi di esplorazione, con la regia di Alexander von Humboldt vengono messe a punto procedure che privilegiano una fitta integrazione di testo e immagini verso una sintesi tra pensiero razionale, emozione, immaginazione. Ibridando codici di saperi diversi, si arriva ai tableaux, sorta di riassunto grafico dove, incorniciando figure e relazionandole a una serie di misurazioni e tabelle, vengon visualizzati un gran numero di dati, ordinati in una logica comparativa per ricercare e evidenziare rispondenze e analogie.
Con Carl Friedrich Philipp von Martius, che esplora il Brasile dal 1817 al 1820, assieme ai Resoconti di viaggio lodati da Goethe per la qualità letteraria, e alla descrizione sistematica della Flora Brasiliensis, risultato del tutto innovativo sarà una monografia che, anche tramite lavori altrui, sistematizza le conoscenze del tempo su una famiglia specifica. Con la Historia naturalis palmarum, tre ponderosi volumi corredati da 240 litografie di grande formato saranno stampati tra 1823 e 1853 grazie a sottoscrizioni e prenotazioni in varie versioni, alcune colorate.
Le diverse rappresentazioni grafiche delle fisionomie delle piante si affermano così in questi secoli come fonte diretta di studio: imprescindibile integrazione visiva immediata. Mentre dal punto di vista pratico, oltre a catturare l’interesse del lettore, servono a documentare varietà di frutti coltivati per la vendita, nonché come supporto per la commercializzazione di nuove piante da luoghi remoti.
Dando seguito a questa lunga tradizione, un importante volume presenta ora una raccolta di alcune tra le più belle, recenti tavole premiate con la medaglia d’oro per l’illustrazione botanica assegnata da una delle più antiche e tutt’ora prestigiose istituzioni nell’ambito della ricerca botanica e del giardinaggio, la Royal Horticultural Society: Illustrazione botanica, a cura di Charlotte Brooks, Royal Horticultural Society-Guido Tommasi Editore (pp. 256, € 35,00).
Già nel 1806, un paio d’anni dopo la sua fondazione, la Società aveva cominciato a commissionare a illustratori e incisori disegni e dipinti di specifiche piante. Tra i suoi consiglieri, sir Joseph Banks, Richard Salisbury e Thomas Andrew Knight, sempre al lavoro a stretto contatto con gli artisti, e, tra le prime immagini, quelle realizzate per illustrare una raccolta di articoli dei membri da William Hooker, celebre per aver dipinto l’enorme Victoria regia (poi denominata Victoria amazonica) fiorita nei giardini di Kew nel 1849.
E se durante i primi cinquant’anni si era così andato costituendo un corpus di oltre duemila dipinti, oggi la collezione della Lindley Library consta di circa trentamila opere e comprende anche alcune immagini di giardini, pure scomparsi, che si rivelano testimonianze tanto più preziose per ricostruirne lo stato dell’epoca.
Nel 1859, come risulta dal catalogo di vendita Sotheby’s, il materiale della Lindley e la collezione di disegni dovettero però essere venduti all’asta per raccogliere fondi per la Società, allora sull’orlo del dissesto finanziario. Molti originali saranno poi recuperati nel corso del XX secolo, tra cui gli album di frutti di Hooker, nel 1926. Tra lasciti, esposizioni, mostre competitive e nuovi acquisti – nel 1912 quello di cento acquarelli botanici cinesi –, il patrimonio si andrà via via ricostruendo malgrado gli impedimenti delle due guerre mondiali e la concorrenza del montante ruolo della fotografia, dopo la seconda.
Con gli anni sessanta si assiste però a un ritorno di interesse per l’arte botanica e negli anni novanta una nuova politica di acquisizioni sposta l’enfasi della collezione dai soggetti agli artisti, finché un’ulteriore ribalta si apre in questi ultimi vent’anni del nuovo millennio. La selezione proposta da Charlotte Brooks tra le opere dei vincitori delle medaglie testimonia anche di quanto questi riconoscimenti abbiano, nel tempo, fissato in certa misura un parametro di valutazione. Al di là di una rassegna di testimoni insigni di quest’arte – in prevalenza talenti al femminile –, il volume evidenzia e isola alcune tendenze e temi ricorsivi.
Per ritrarre e trasferire l’essenza di una pianta in un dipinto si assume così, spesso, un’angolazione insolita, oltre a forzare il confronto dei portamenti. L’esigenza di ridire i cambiamenti stagionali, che condiziona a dipingere nell’arco di più stagioni di crescita, arriva perfino, con Gael Sellwood, alla realizzazione di soggetti in decadimento, esemplari curvi e logorati in una sorta di Celebrazione dell’imperfezione, come recita il titolo di una serie di dipinti. Altre mostre a tema riproposte nel volume riguardano Aspetti dell’aglio o l’insolito Fascino delle radici, nel rabarbaro di Norma Gregory. Acquarelli di classici crisantemi giapponesi si affiancano a quelli di verdure, di cui si evidenzia rilievo e ravvicinata bellezza domestica, come per la cipolla tagliata di netto o la buccia srotolata della patata che vien mostrata pelata da Clare McGhee.
Se molto importante è lavorare con materiale botanico vivente, le tecniche, oltreché a scelte di stile, si associano volta a volta a tipologie di soggetti e alle differenti esigenze di resa. Dalla composizione tradizionale per elementi con sezioni trasversali e ingrandimenti, o secondo diversi angoli di osservazione in ragione di reinterpretazioni essenziali, magari in assenza di foglie e rami, per ottenere un’immagine più contemporanea, pulita. La scelta di scorcio e prospettiva per dare all’orchidea un aspetto naturale o la disposizione di Piccoli frutti estivi, ognuno accompagnato con un’ombra per accentuarne il rilievo e evitare che sembrino fluttuanti.
Alcune composizioni fanno un uso deciso dello spazio non dipinto della carta, utilizzato come colore di base per raffigurare fiori bianchi posti dinanzi a foglie scure (come la vaniglia imperiale di Lizzie Sanders). Meticolosi studi a penna con inchiostro vengono preferiti per ritrarre esemplari imperfetti già citati, come li incontra Chatarine Nicholson, mentre colorazioni e venature della pergamena non trattata vengono incorporate nel disegno di Kate Nessler nell’alcea con le foglie divorate dagli insetti, ridotte a scheletriche nervature.
Tra riproduzioni che continuano a ispirarsi alla tradizione di fine Ottocento, specialmente nella pittura di orchidee, e opere che si fanno quasi astratte, ispirate a sagome, forme e trame del mondo naturale, si gioca lo spazio dialettico tra creazione artistica e illustrazione naturalistica. Con usi laterali che sempre più – e nuovamente – strabordano di motivi floreali su piatti, decorazioni, arredi, stoffe, porcellane, cartoline.
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