CCCP, la lunga linea rossa
Mostre/A Reggio Emilia tra suoni, abiti di scena e «reliquie varie» della band Tante le iniziative che da mesi celebrano i 40 anni e il ritorno di uno dei gruppi più innovativi e divisivi del nostro panorama
Mostre/A Reggio Emilia tra suoni, abiti di scena e «reliquie varie» della band Tante le iniziative che da mesi celebrano i 40 anni e il ritorno di uno dei gruppi più innovativi e divisivi del nostro panorama
Il rock, nella sua accezione più ampia (punk e affini inclusi) è un ambito sempre più musealizzato, incorniciato in un’aura epica, esaltata da un rincorrersi di ristampe, libri, biografie, mostre, cataloghi, cofanetti commemorativi, film, documentari. La fine (sempre più evidente e a quanto pare, irreversibile) spinge inevitabilmente a guardare al passato, cercando di trarne il più possibile le antiche essenze. Da una parte (in buona percentuale) per ragioni meramente economiche, cercando di monetizzare memorie e cataloghi editoriali, dall’altra in quanto rimane interessante ed essenziale conservarne la memoria storica nel modo più autentico e affine alla realtà (prima che qualcuno riscriva la storia e le storie in modo impreciso e non coerente).
In questo senso il ritorno mediatico ma non solo dei CCCP- Fedeli alla Linea ha travolto, per rilevanza storica e impatto artistico negli anni Ottanta, soprattutto per l’imprevedibilità dell’evento, l’interesse degli operatori del settore musicale nostrano e un’ampia fetta di pubblico, con un attacco «a tenaglia» che ha riportato, tramite ristampe, una mostra, un film documentario, un paio di libri, premi, interviste, l’annuncio di nuovi concerti, il nome della band in primissimo piano, diventando l’evento musicale per eccellenza del 2023 e prevedibilmente dell’anno appena iniziato.
TRABANT
A partire dalla mostra «Felicitazioni! CCCP Fedeli alla Linea 1984-2024» allestita (fino all’11 febbraio) ai Chiostri di San Pietro, a Reggio Emilia.
Messa a punto alla perfezione, asseconda con particolare abilità il mondo e l’immaginario che la loro attività evocò, sfruttando un simbolismo, ai tempi tanto affascinante quanto temibile (Urss, DDR, Cortina di Ferro), ora assurto a innocuo modernariato. Scorrono, nelle vuote, algide e spoglie stanze del palazzo, vestiti, abiti di scena, manifesti, filmati, articoli, volantini, fotografie, suoni, ritratti (le splendide foto di Luigi Ghirri), reliquie varie, i Vopos in metallo stilizzati sulla copertina del 45 d’esordio Ortodossia e una Trabant circondata da reticolati e cavalli di frisia accolgono il pubblico per poi catapultarlo in un mare di suggestioni, ricordi, stimoli. L’aspetto interessante è che più che un omaggio «esterno» e agiografico, sono gli stessi CCCP a celebrare se stessi in una sorta di nuova opera che sublima il loro percorso. Talvolta c’è un po’ di dispersione e l’impressione che un neofita che non abbia vissuto quei tempi non sia in grado di afferrare, attraverso la mostra, la sostanza di quello che è stata la band ma solo la forma. Poco male, l’evento ha avuto grande successo, il voluminoso catalogo (edito da Interno4) è andato immediatamente esaurito e più volte ristampato e il box set che comprende due vinili 180 grammi, un cd, un libretto di 20 pagine con i bozzetti originali della mostra e foto live, 5 spillette da collezione, 5 cartoline con immagini inedite e le stampe di 5 ritratti di Guido Harari scattati a Palazzo Masdoni, storica sede del Pci di Reggio Emilia, sta andando alla grande.
I possessori delle copie originali hanno visto lievitare i prezzi nel mercato dei collezionisti. Contemporaneamente esce il film Kissing Gorbaciov di Andrea Paco Mariani e Luigi D’Alife che documenta il concerto del 1988 in Puglia di Litfiba e CCCP affiancati da realtà locali e da gruppi sovietici, per la prima volta in tour in Occidente. I sovietici ricambiarono e Litfiba, CCCP con l’aggiunta di Rats e Miss and the Misses, volarono a Mosca e Leningrado per due concerti indimenticabili. I CCCP eseguirono a Mosca la loro versione distorta dell’inno sovietico e i soldati dell’Armata Rossa tra il pubblico si alzarono compunti con la mano sul cuore.
L’Urss stava per implodere e la band si ritrovò nell’immaginario tanto evocato proprio nel momento dell’imminente dissoluzione. Il mito dei CCCP-Fedeli Alla Linea è tornato ad esplodere. Complice anche la volontà di ricominciare a esibirsi dal vivo con tre concerti all’Astra Kulturhaus di Berlino (da subito sold out) che preludono a un probabile ritorno sui palchi italiani (come ormai pare appurato da insistenti voci di corridoio).
Non da ultimo anche il recente Premio Ciampi alla carriera (condiviso con Marlene Kuntz e Not Moving) con tanto di intervista e un brano acustico eseguito al Teatro Goldoni di Livorno a sublimare ulteriormente il momento magico. A (spina nel) fianco è stato ristampato da Shake Edizioni Io e i CCCP. Una storia fotografica e orale di Umberto Negri che della band fu il bassista per lasciarla poco prima del grande successo. Libro che documenta con rigorose foto in bianco e nero gli esordi della band, tra Reggio Emilia e Berlino, lanciando anche alcuni amari strali sulla fine del rapporto, tra rivendicazioni artistiche e diritti d’autore. Pubblicazione affascinante ma che getta qualche ombra su alcuni aspetti interni alla band. I CCCP sono stati uno dei gruppi più innovativi, particolari e originali nella storia della musica pop(olare) italiana. Piacciano o meno. Appunto necessario in considerazione del loro carattere divisivo, sin dagli esordi.
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Cccp, fedeli all’EmiliaIl declamato e provocatorio «filosovietismo» cozzava drasticamente con il diffuso anarchismo della scena punk italiana che, paradossalmente, diede loro la possibilità dell’esordio discografico attraverso l’Attack Punk Records dei Raf Punk, band bolognese portabandiera dell’anarchia più estrema, in linea con quanto professato dagli inglesi Crass. Allo stesso tempo è significativo annotare come i membri della band arrivassero da identità lontane dal punk, a cui si avvicinarono come modalità espressiva e attitudinale ma con il quale le distanze erano spesso notevoli (come da loro stessa ammissione). I loro concerti diventano sempre più affollati, l’immagine controversa ma affascinante (corredata dalla teatralità dei live) li porta alla ribalta nazionale e spesso accende gli animi di sostenitori e detrattori.
FORMULA ORIGINALE
La formula è originale, inedita, intrigante, tra secchi riff chitarristici di sapore punk, una batteria elettronica, la voce secca e cantilenante di Ferretti che declama testi talvolta dadaisti, altre volte apparentemente politici, evoca l’Unione Sovietica ma anche il Medio Oriente, l’Islam, inserendo l’immaginario emiliano, ancora sinceramente comunista nell’anima, indefesso lavoratore stakanovista, immerso nella pianura nebbiosa. Lasciano la dimensione indipendente subito dopo l’acclamato esordio a 33 giri, Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi e si accasano alla Virgin per cui pubblicano altri tre album che ne decretano il successo anche a livello mainstream (celebre il 45 giri condiviso con Amanda Lear con cui duettano sulla sua Tomorrow).
La band si scioglie il 3 ottobre 1990, lo stesso giorno della riunificazione tedesca. Le esperienze successive saranno fortunate con il nome di CSI prima e PGR (Per Grazia Ricevuta) poi. le strade di Zamboni e Ferretti si divideranno per lungo tempo, per ritrovarsi ora, con Annarella Giudici e Fatur, a condividere la nuova esperienza. Inutile dire che pure a distanza di tanto tempo, soprattutto in epoca di social, le divisioni del pubblico sulla band si sono acuite tra le immancabili accuse di «tradimento» e «svendita» (a chi? a cosa?) e il sempre rinfacciato avvicinamento di Ferretti a cattolicesimo e alla destra, nel solito massacro mediatico ormai tanto prevedibile quanto innocuo e intangibile. Si presume che ci siano abituati da tempi immemorabili, che sia una consapevole parte del «gioco». Non resta che attendere gli sviluppi.
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