Case vuote abbandonate al degrado, la soluzione è il riuso sociale
Piana di Gioia Tauro Sono 35mila gli immobili inutilizzati. 450mila in tutta la Calabria
Piana di Gioia Tauro Sono 35mila gli immobili inutilizzati. 450mila in tutta la Calabria
Le condizioni di vita nella baraccopoli di San Ferdinando sono assurde nella loro inumanità, senza servizi e impianti, niente acqua e luce, la possibilità di riscaldarsi e cucinare legata all’accensione di braci o altri mezzi improvvisati, spesso causa delle tragedie, che ciclicamente, quanto finora inutilmente, piangiamo e denunciamo.
Il grottesco paradosso di San Ferdinando è che le baracche disastrate di cui si parla sono circondate da un mare di case vuote, abbandonate, spesso a loro volta in rovina, perché non più abitate, mantenute, curate. Recenti studi forniscono una quota di abitazioni vuote o inutilizzate pari a circa 35mila unità abitative nel comprensorio della Piana, di cui 15mila circa soltanto nei comuni della fascia costiera, adiacenti alla baraccopoli.
In tutta la Calabria (la regione in cui è più alto il rapporto case vuote/abitanti) le abitazioni vacanti ammontano a circa 450mila, di cui 190mila in provincia di Reggio. Un enorme sfascio sociale e ambientale: gran parte di questo patrimonio inutilizzato è abbandonato al degrado; un danno che incrementa quello relativo allo spazio ambientale già sconvenientemente ingombrato e al suolo già consumato. Riusare le case per chi ne ha bisogno, abitanti nuovi e vecchi, migranti e locali, lavoratori e disoccupati diventa allora – e non solo a San Ferdinando, nella Piana di Gioia, o in Calabria – anche un’opportuna operazione di forte pubblica utilità. Oltre che di riqualificazione ambientale. Di recente si è formato in zona un comitato di operatori sociali, associazioni e amministrazioni, «Per il riutilizzo delle case vuote», da parte di tutti i portatori di disagio abitativo. Per sollecitare e accelerare l’azione di chiusura della baraccopoli e di altri ghetti analoghi, con un riutilizzo diffuso delle abitazioni inutilizzate; su cui oggi concorda anche la prefettura di Reggio Calabria. Si può fruire infatti a questo proposito di un fondo di garanzia, insieme ad altre risorse presenti nella programmazione regionale, messo a disposizione di recente da Regione Calabria per questo tipo di destinazione. E non per sostituire le baracche con nuove soluzioni provvisorie e precarie, come tende o container. Il patrimonio utilizzabile non si presenta però sempre immediatamente disponibile in toto: esso è in gran parte privato, o pubblico ma non abitabile perché in degrado da abbandono. Peraltro – come spiegavano operatori e amministratori all’assemblea di costituzione del comitato – le case in Calabria e soprattutto in zona «devono restare vuote, per entrare prima o poi nelle disponibilità degli amici», ovvero della criminalità organizzata, nella fattispecie la ‘ndragheta. Oltre che fortemente utile, il riutilizzo è allora azione doppiamente giusta e di “legalità”: perché riconosce e soddisfa sacrosanti diritti a vivere e abitare, e perché usa legittimamente un bene, sottraendolo tra l’altro alle mafie.
Nel rispondere immediatamente con le prime case disponibili all’emergenza San Ferdinando, va dunque sancita e avviata una strategia permanente di riuso, anche con forme diverse, che vanno dall’ausilio all’affitto, al comodato d’uso sociale, alla fruizione e ridestinazione da parte degli enti, alla rifinalizzazione di beni già disponibili, come gli appartamenti confiscati alla ‘ndrangheta. E come già avveniva – e speriamo riprenda presto, con tante scuse ai cittadini e al sindaco Mimmo Lucano – nell’esperienza “modello” di Riace.
Il riuso sociale di un patrimonio di case vuote che in Italia interessa un quarto circa delle abitazioni presenti, più di 8 milioni di unità, sarebbe davvero un’operazione utile di blocco di quello che altrimenti continua a costituire un enorme monumento allo spreco e allo sfascio: una grande opera di riuso e risanamento delle strutture abitative, nell’ambito della più generale esigenza di intervento sul territorio, specie urbanizzato, con abitazioni e infrastrutture datate di decenni e non più sicure, in degrado avanzato, che necessitano urgentemente, appunto, di nuovi abitanti.
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