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Case di comunità, i fondi stanziati non bastano per il personale

Case di comunità, i fondi stanziati non bastano per il personalePersonale medico – LaPresse

La denuncia di Cimo-Fesmed «Il rischio è di riempire il paese di nuove strutture che poi non siano in grado di funzionare perché carenti di medici e tecnologie»

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 18 marzo 2022

Nuova organizzazione della sanità territoriale, la Federazione Cimo-Fesmed lancia l’allarme: così com’è disegnata dal ministero della Salute con il DM 71 «è accattivante e ambiziosa, grazie ai fondi europei costruiremo le strutture, acquisteremo le tecnologie e ammoderneremo quelle già esistenti. Ma poi dovranno essere lo Stato e le regioni a pagare gli stipendi del personale che vi opererà. Calcolatrice alla mano, i conti non tornano»: l’aumento delle risorse da destinare al personale sanitario che opererà sul territorio non è sufficiente a coprire i costi previsti. «Il rischio – è la denuncia – è di riempire il paese di nuove Case e Ospedali di comunità che poi non siano in grado di funzionare perché carenti di personale e tecnologie».

Il documento del ministero prevede un infermiere di famiglia e di comunità ogni 2.000-3.000 abitanti: «Significa assumere 20.000-30.000 infermieri. Sottraendo i 9.600 previsti dal decreto Rilancio, rimangono 10.400-20.400 infermieri di famiglia e di comunità. Il costo medio di un infermiere è pari, secondo il Conto annuale del 2019, a 45.539 euro. Assumere 10.400 infermieri costa dunque oltre 473 milioni di euro l’anno; l’assunzione di 20.400 infermieri vale circa 929 milioni di euro». Nell’ultima legge di Bilancio, per coprire i costi relativi al personale dipendente e convenzionato da assumere, è stata autorizzata la spesa di 90,9 milioni di euro per il 2022; 150,1 milioni per il 2023; 328,3 milioni per il 2024; 591,5 milioni per il 2025 e 1.015,3 milioni nel 2026. «Ma oltre agli infermieri – sottolinea Cimo-Fesmed – nelle strutture di comunità opereranno medici, altri professionisti sanitari, operatori socio sanitari, personale amministrativo e di supporto. Appare evidente quanto tali previsioni di spesa risultino insufficienti».

In teoria, dovrebbe essere la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria a produrre i risparmi necessari (stimati in 850 milioni l’anno) a finanziare il funzionamento delle nuove strutture: «Si parla ad esempio della riduzione dei ricoveri in ospedale e degli accessi inappropriati in Pronto soccorso. Ma i risparmi, se ci saranno, non potranno che essere marginali e di certo non raggiungeranno la cifra prevista. Sono infatti i farmaci innovativi, le alte tecnologie e le chirurgie le voci che influiscono maggiormente sui costi degli ospedali; non saranno la diminuzione di codici bianchi in Pronto soccorso o il trasferimento dei pazienti cronici dall’ospedale al territorio a poter finanziare il personale delle strutture di comunità».

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