«Non so se chi parla in questi giorni sia il presidente della Campania De Luca, Crozza o un terzo De Luca»: è l’incipit dell’intervista che il ministro per le Autonomie Roberto Calderoli ha rilasciato al Corriere, oggetto l’autonomia differenziata. Il giornalista ci informa che l’esponente leghista «si rigira tra le mani alcuni fogli e ride sotto i baffi: “È la proposta di intesa firmata nel 2019 dal governatore della Campania, chiede quelle autonomie che oggi dividerebbero il Paese. Come governatore emerge troppo il furbacchione».

UNA NOTIZIA non nuova preludio al colpo di scena: sarebbero state chieste «le competenze più cruciali. Quelle che oggi fanno quasi gridare all’attentato alla Costituzione. La sanità, l’istruzione». E sulle coperture: «Sa che cosa dice? Che lo Stato dovrebbe definire i Lep entro un anno. Nel frattempo, il trasferimento delle funzioni è già avvenuto. Nelle more, i trasferimenti si baserebbero sulla “spesa destinata a carattere permanente, fissa e ricorrente”. In sostanza, la spesa storica. Neanche dalle regioni del Nord è venuta una proposta così ardita».

LA REPLICA del presidente campano è arrivata ieri mattina: «Leggo dichiarazioni che mi rivolge il (furbo) ministro Calderoli. Si sono fatte riunioni con tre regioni (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna ndr), con la Campania mai. La richiesta della Campania aveva obiettivi di merito e uno politico: impedire che il tema dell’autonomia fosse ipotecato da un’impostazione leghista. Nel merito, dicevamo nel 2019 le stesse cose dette oggi nel respingere la sgangherata bozza di disegno di legge presentata dal ministro, e ora accantonata. A scanso di equivoci, pubblichiamo sul sito della regione la proposta del 2019».

OCCORRE TORNARE al Conte uno. Il 4 gennaio De Luca scrive al premier: «Evitare che nell’ambito del procedimento ex art. 116 terzo comma Costituzione, instaurato dalle Regioni del Nord per maggiore autonomia legislativa, amministrativa, finanziaria e fiscale, vengano però pregiudicate le ragioni di solidarietà sociale, perequazione, redistribuzione e assicurazione del giusto mantenimento dei livelli essenziali delle prestazioni a favore di tutti i cittadini. Tali ragioni sono previste dall’art. 119 della Costituzione». Cosa stava succedendo? La ministra leghista per le Autonomie, Erika Stefani, stava procedendo con le tre regioni a tappe forzate.

IL 20 GIUGNO 2019 è Stefani a dichiarare: «L’autonomia è ufficialmente incardinata! Con Conte abbiamo stabilito la road map sulle fasi finali della trattativa. Con il presidente abbiamo confermato la necessità di un passaggio preliminare, alla firma, del testo delle intese nelle commissioni parlamentari» (Salvini e il Papeete ne fermeranno la corsa). De Luca, che per lungo tempo si è descritto come un leghista del Sud, ha reagito mostrando i muscoli: «Siamo pronti a raccogliere la sfida». Il 10 luglio manda la «proposta di Accordo preliminare in merito all’Intesa prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione».

CALDEROLI lo accusa di essersi mosso in linea con Veneto e Lombardia, il testo però su scuola e sanità recita: «Istruzione e formazione professionale, compatibilmente con il carattere nazionale della scuola pubblica; tutela della salute: autonomia piena in materia sanitaria, fatto salvo il carattere nazionale dell’organizzazione sanitaria pubblica e la funzione dello Stato di vigilanza sulla qualità e omogeneità dei servizi al cittadino». Sulla spesa storica: «Qualora i livelli essenziali delle prestazioni e i relativi fabbisogni e costi standard non siano stati definiti, lo Stato provvede alla loro determinazione entro un anno dall’approvazione, da parte delle Camere, dell’Intesa; nelle more, e comunque non oltre il primo anno, l’attribuzione avviene sulla base della spesa destinata a carattere permanente, fissa e ricorrente, a legislazione vigente».

TRE ANNI FA molti commentatori sottolinearono la spregiudicatezza di una tattica che legittimava nei fatti le richieste di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, nonostante i distinguo e i richiami nel testo ai Lep, al fondo perequativo e al superamento della spesa storica. Una linea che adesso lo stesso De Luca ha corretto: «La bozza Calderoli è contro la Costituzione e va ritirata. Abbiamo un’intesa con Puglia, Basilicata, Calabria, Lazio, Molise, regioni del centro». E si sono fatti sentire anche il pugliese Emiliano e il calabrese Occhiuto. Ieri è stato La Russa a ribadire: «L’autonomia ci trova d’accordo se non costituisce un motivo di debolezza per l’unità nazionale ma bisogna contemperarla con un’istituzione che faccia da contrappeso». L’allusione è al presidenzialismo e i tempi si allungano.