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Brigati (Fiom): «Siamo tornati ai tempi di Riva. Il governo non ceda ai ricatti»

Brigati (Fiom): «Siamo tornati ai tempi di Riva. Il governo non ceda ai ricatti»Francesco Brigati, segretario della Fiom di taranto

Il segretario dei metalmeccanici di Taranto Il sindacalista: l'azienda non piò decidere unilateralmente. Anche l’attuale esecutivo, come quello precedente, ha le sue responsabilità. Conte deve dire che tipo di politica industriale vuole dare al paese

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 5 novembre 2019

«La situazione che si è venuta a determinare ha due diretti responsabili: l’azienda, che con un annuncio ricattatorio in stile gruppo Riva minaccia di procedere alla recessione del contratto d’affitto; e il governo, che con la sua irresponsabilità ha creato le premesse perché tutto questo accadesse. L’esecutivo da troppo tempo gioca con la vicenda Ilva e questo non è più tollerabile». Francesco Brigati, segretario della Fiom Cgil di Taranto, ha ben chiaro di chi siano le responsabilità sulla vicenda Ilva.

Segretario, il disimpegno di ArcelorMittal su Taranto era nell’aria da un po’ di tempo.

Sicuramente l’arrivo dell’ad Morselli, con un cambio così radicale del board dell’azienda, non preannunciava nulla di buono. Ma voglio anche dire che non è possibile che nell’incontro che i ministri Patuanelli e Provenzano hanno avuto la settimana scorsa con l’azienda, quest’ultima non abbia riferito loro le future mosse, compresa quella del prossimo disimpegno: del resto, il comunicato congiunto dei due ministri diceva e non diceva, ed ora capiamo perché.

La Fiom Cgil, a livello locale e nazionale, ha più volte chiesto al governo un incontro sull’ex Ilva.

E purtroppo siamo rimasti inascoltati. Abbiamo interpellato l’esecutivo diverse volte negli ultimi mesi, affinché venisse effettuata una verifica dell’accordo dello scorso anno coinvolgendo l’azienda, perché l’avvicinarsi di un epilogo drammatico era scritto. E gli ultimi avvenimenti ci danno ragione.

Certo è che adesso, con la mossa di ArcelorMittal che sa più di minaccia e avvertimento che di reale disimpegno, anche il governo deve scoprire le sue carte.

Se con quest’annuncio l’azienda si aspettava che i sindacati si schierassero subito al suo fianco come ai tempi del gruppo Riva, si è sbagliata di grosso. D’altro canto ora il governo deve dire chiaro cosa vuole fare del siderurgico tarantino: è in ballo l’intero settore manifatturiero italiano, oltre che quello della produzione dell’acciaio. E anche e soprattutto il futuro di una città, di un territorio, che ha bisogno di risposte definitive. Sino ad oggi i governi Conte non hanno mai chiarito che tipo di politica industriale volessero per questo Paese: è il momento di esplicitarlo una volte e per tutte. Per troppo tempo si sono coperti dietro la questione dell’esimente penale.

Forse anche gli accordi sottoscritti in passato non sono stati un esempio di chiarezza.

Sicuramente l’addendum al contratto di affitto, che consente all’azienda di recedere dal contratto a fronte del cambiamento di alcune leggi come quella sull’esimente penale, non ha aiutato. Ma la vera questione è che nel bando del 2015 fu dato troppo peso alla parte economica, pari al 55% del peso dell’offerta, a fronte degli impegni in campo industriale, occupazionale e ambientale (il cui peso ammontava al 15% ciascuno, ndr), fattore che oggi mette ArcelorMittal in una posizione di forza.

Adesso come si muoverà il sindacato?

Già domani mattina (oggi per chi legge, ndr) convocheremo il consiglio di fabbrica unitario e dell’appalto, per decidere le azioni da intraprendere. La nostra richiesta è che sia garantito dal governo l’accordo del 6 settembre scorso e che l’azienda mantenga gli impegni presi. Sicuramente non lascia presagire nulla di buono la riunione che l’azienda ha avuto con le prime linee e i dirigenti, i più esposti a fronte del decadimento dell’esimente penale, nella quale è stato preannunciato l’attuazione di un piano di fermo produzione per gli impianti dell’area a caldo. Tra l’altro questa mattina (ieri, ndr), abbiamo incontrato per la prima volta Arturo Ferrucci, il nuovo direttore delle Risorse umane, che non ci ha riferito nulla sulle imminenti decisioni dell’azienda.

Ma l’azienda, in quanto affittuario, può decidere di attuare un’operazione del genere?

Abbiamo i nostri dubbi. In quanto affittuario un’iniziativa del genere non può essere calata dall’alto, ma deve essere necessariamente discussa con i commissari straordinari di Ilva in amministrazione straordinaria e con le organizzazioni sindacali.

Segretario, se la sente di fare una previsione su quello che accadrà nei prossimi giorni?

Spero che il governo non ceda su nulla rispetto agli accordi presi sul prezzo d’affitto, sul piano industriale, occupazionale, ed ambientale. Su quest’ultimo aspetto mi lasci dire un’ultima cosa: sino ad oggi tutti gli interventi di risanamento, compresa la copertura dei parchi minerali, sono avvenuti grazie all’utilizzo dei fondi sequestrati alla famiglia Riva (pari a 1,1 miliardi di euro, ndr). Anche qui è ora che si pretenda dall’azienda di mantenere gli impegni promessi in sede di accordo ministeriale.

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