Economia

Bin Italia, la battaglia per il reddito di base e il «Qe» per il popolo

Bin Italia, la battaglia per il reddito di base e il «Qe» per il popolo

Basic Income Network La storia del Bin-Basic Income Network-Italia, laboratorio teorico e di campagna politiche a sostegno del reddito di base universale, oggi al centro di dibattito politico e culturale. Online il quarto numero del "Quaderno per il reddito" con le proposte di riforma dell'Unione Europea e di finanziamento di una misura ormai urgente

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 15 luglio 2016

Il «Basic Income Network», abbreviato in «Bin Italia», è un laboratorio di idee e iniziative politiche a sostegno del «reddito universale di base». Lo animano avvocati, giudici, ricercatori, attivisti, esperti di diversi orientamenti teorici e politici. Sono loro all’origine di una campagna che nel 2012 ha raccolto oltre 50 mila firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare per istituire in Italia – unico paese dell’Ue insieme alla Grecia – il «reddito minimo garantito». Alla campagna aderirono più di 170 associazioni, movimenti e partiti (Sel e Rifondazione Comunista, tra gli altri) che portò alla presentazione in parlamento di una proposta di legge appoggiata da Sinistra Ecologia e Libertà.

Era il 2013, pochi giorni dopo l’inizio dell’attuale legislatura. L’iniziativa conquistò l’interesse del Movimento Cinque Stelle che, oltre alla lotta con il Tav, ha preso dalle sinistre di base – marxiste, liberali, radicali – anche la battaglia per quello che definisce il «reddito di cittadinanza». A quel tempo anche una minoranza del Pd decise di confrontarsi sulla questione più urgente e contemporanea che esiste in Italia. Ricordiamo l’attuale ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, al flash-mob organizzato a Montecitorio il giorno della presentazione delle firme (la foto è pubblicata in questa pagina). Sembra un secolo fa: altri posizionamenti, altre politiche. Ma l’urgenza per un diritto all’esistenza, sganciato dal lavoro e dai ricatti della povertà e della precarietà da allora si è moltiplicata.

Da una decina d’anni, Bin-Italia raccoglie e rielabora una tradizione mai domata proveniente dai movimenti sociali degli anni Settanta e Ottanta e da un dibattito intellettuale internazionale, pragmatico e cosmopolita, radicale e materialistico: «Reclaim the money» è lo slogan che viene da lontano e oggi ha assunto notevoli sfumature e approfondimenti. A questo «ramo» italiano dell’associazione mondiale promossa tra gli altri dal filosofo belga Philippe Van Parjis si ispirano gran parte delle elaborazioni che oggi alimentano il dibattito, anche parlamentare.

Il «Bin» produce i «Quaderni per il reddito». Liberamente scaricabile online da bin-italia.org è da poco uscito il quarto numero di una rivista unica nel nostro paese e assai preziosa per capire che cos’è il reddito di base, le sua differenza con il reddito di cittadinanza, il reddito minimo, il reddito di inserimento sociale e tutte le infinite variazioni di una misura che in Italia rischia di restare purtroppo sconosciuta. Nell’ultimo numero va segnalato il ragionamento che costituisce l’alternativa ai ragionamenti populistici o tecnocratici che si fanno su quel rudere dell’Unione Europea. Un reddito garantito a livello continentale «aumenterebbe la sicurezza economica personale rafforzando la democrazia, rendendo partecipe le persone alle politiche pubbliche» si afferma. Giustizia sociale, solidarietà e innovazione potrebbero essere i principi per finanziare un «Quantitative Easing» «per il popolo». Oggi la Bce finanzia, inutilmente, con 80 miliardi al mese gli Stati e le imprese. Gli stessi soldi (14 mila euro all’anno, 1175 al mese) potrebbero andare alle persone. Il Qe «per il popolo» non viene mai nominato, ma il suo spettro si aggira nelle stanze del potere.

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