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Bibi e Benny decidono chi sarà premier. Gli arabo israeliani si spaccano

Bibi e Benny decidono chi sarà premier. Gli arabo israeliani si spaccano

Israele Spinti dal capo dello stato Rivlin ieri sera Netanyahu e Gantz erano impegnati a discutere della formazione di un governo di unità nazionale. Messi di nuovo ai margini, i partiti arabi litigano sulla scelta di indicare come premier il leader di Blu Bianco

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 24 settembre 2019
Michele GiorgioGERUSALEMME

I due Benyamin, irriducibili avversari appena qualche giorno fa, sono pronti ad abbracciarsi? Così sembra. Benyamin “Benny” Gantz, ex generale e leader della lista centrista Blu Bianco, vincitrice delle elezioni di una settimana fa, e il primo ministro di destra e capo del Likud Benyamin “Bibi” Netanyahu, su pressione del capo dello stato Rivlin ieri sera si sono incontrati per discutere della costituzione di un governo di unità nazionale. L’ultranazionalista antiarabo, nonchè ago della bilancia della politica israeliana, Avigdor Lieberman, dice che l’accordo è fatto e prevede un premier a rotazione. Secondo lui «Gantz e Netanyahu devono solo decidere chi farà per primo il capo del governo». Un esecutivo di unità nazionale darebbe a Netanyahu, uscito sconfitto dal voto, una insperata possibilità di rimanere in sella e, forse, l’opportunità di sfuggire alla procura intenzionata (pare) a mandarlo sotto processo per corruzione.

Di questo possibile governo unitario probabilmente faranno parte altri partiti oltre a Likud e Blu Bianco. Di sicuro non includerà la Lista araba unita (Lau), terzo gruppo alla Knesset con 13 seggi ed espressione della minoranza palestinese (arabo israeliana, 1/5 della popolazione del paese). E non solo per scelta già annunciata dagli arabi. Gantz non ha mai preso in considerazione, almeno non pubblicamente, l’ipotesi di coinvolgere in qualche modo la Lau nel governo. Neanche a parlarne con Netanyahu che ha dedicato una buona parte della campagna elettorale proprio ad attaccare la minoranza araba in Israele. Eppure militanti e simpatizzanti delle formazioni politiche arabe ieri erano impegnati in un dibattito incandescente. Sui social si sono scontrati sostenitori e detrattori della decisione presa domenica dai dirigenti della Lau durante le consultazioni con Rivlin di indicare come loro primo ministro un esponente di un partito sionista, ossia Gantz. Non accadeva dal 1992 quando i partiti arabi garantirono l’appoggio esterno al governo di Yitzhak Rabin sulla base dell’assicurazione che l’esecutivo avrebbe aperto una pagina nuova nei confronti dei palestinesi dei Territori che da cinque anni facevano l’Intifada contro l’occupazione. L’anno dopo Rabin firmò gli accordi di Oslo con l’Olp di Yasser Arafat.

La Lau non ha deciso all’unanimità. Uno dei quattro partiti che la compongono, Tajammo/Balad, nazionalista progressista, ha negato il suo appoggio, non ha preso parte ai colloqui con il presidente e ha annunciato che, se Gantz riuscirà a formare un governo, i suoi tre deputati non gli voteranno la fiducia. Una posizione contestata dai «pragmatici» che chiedono di baciare il rospo in nome della fine del regno di re Bibi segnato da leggi e provvedimenti a chiaro svantaggio della minoranza araba in Israele e contro i diritti dei palestinesi nei Territori occupati, come l’annessione a Israele della Valle del Giordano. I fautori della «fermezza politica» invece sottolineano che Gantz non ha posizioni lontane da quelle di Netanyahu e non ha promesso, una volta nominato premier, di cancellare la legge che nel luglio 2017 ha proclamato Israele come lo Stato della nazione ebraica e non di tutti i suoi cittadini. Il leader di Blu Bianco in campagna elettorale, rivolgendosi ai palestinesi d’Israele, ha parlato solo di politiche volte ad eliminare la criminalità nei centri abitati arabi.

«Non abbiamo fatto, come si dice, una scelta identitaria e ideologica», spiega al manifesto Mtanes Shihade, uno dei tre deputati di Tajammo/Balad, «tutti vogliamo che Netanyahu non sia più al potere ma non può essere questo il punto di arrivo di tutto». Gantz, prosegue Shihade, «è un militare, un uomo che ha fatto uso della forza contro i palestinesi, che ha rivendicato con orgoglio le distruzioni inflitte (nel 2014,ndr) a Gaza e non ha mai parlato di processo di pace durante la campagna elettorale». Inoltre, conclude il deputato, «non possiamo dare appoggio a un leader di partito che non ha mai aperto una interlocuzione diretta con i partiti arabi e che ci ignora del tutto».

Ben diverso è l’approccio del leader della Lau, Ayman Odeh, capo del Fronte per la pace e l’uguaglianza controllato dal Partito comunista. In un suo articolo pubblicato dal New York Times ha scritto «Abbiamo deciso di dimostrare che i cittadini arabi palestinesi non possono più essere respinti o ignorati…La nostra decisione di raccomandare Gantz…è un chiaro messaggio che non c’è futuro condiviso (in Israele) senza la piena ed equa partecipazione dei cittadini arabi palestinesi».

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