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Bennett archivia Netanyahu, ma non le sue politiche

Bennett archivia Netanyahu, ma non le sue politicheIl nuovo governo israeliano con il presidente Rivlin – Ap

Israele Fiducia al nuovo governo, l’ex primo ministro però non molla la presa: «Lo abbatterò». Il primo test già oggi: marcia delle bandiere della destra israeliana a Gerusalemme est

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 15 giugno 2021
Michele GiorgioGERUSALEMME

È durato pochi minuti il passaggio delle consegne tra Benyamin Netanyahu e il nuovo primo ministro israeliano Naftali Bennett. Mandato all’opposizione dopo 12 anni dal voto di fiducia di domenica al nuovo governo, Netanyahu ieri si è limitato a un breve incontro privato con Bennett durante il quale non si sarebbe nemmeno seduto. E sarà stata la forza dell’abitudine, Netanyahu domenica era tornato a sedersi al suo posto di premier e non sui banchi dell’opposizione dopo il voto alla Knesset. Un gesto al quale il nuovo ministro degli esteri e architetto della coalizione Yair Lapid, che si alternerà con Bennett alla guida dell’esecutivo, ha reagito per portando via le carte di Netanyahu. Il premier uscente comunque non molla e alle fanfare di chi celebra la sua sconfitta, ha replicato affermando che il blocco della destra lavorerà senza sosta per abbattere «il pericoloso e fraudolento governo di sinistra».

«Governo di sinistra». Viene da sorridere pensando che nell’esecutivo appena nato domina la destra e il centrosinistra e il partito islamista Raam saranno solo un elemento decorativo. L’incarico di premier e i ministeri che contano sono andati tutti alla destra. Non si possono considerare centristi il ministro della difesa Gantz e quello degli esteri Lapid che pendono visibilmente a destra. È possibile che sul piano economico e sociale questo governo riservi qualche cambiamento. Ma le novità più importanti forse saranno solo le politiche avverse ai partiti ebrei ultraortodossi, a cominciare dal taglio di fondi pubblici. Naftali Bennett e Yair Lapid sono, per motivi diversi, avversi alla comunità haredi ultraortodossa. Entrambi spingono affinchè i giovani religiosi non siano più esenti dal servizio militare. Bennett per motivi nazionalistici, Lapid perché ritiene che i religiosi ultraortodossi siano dei «parassiti», un punto sul quale ha costruito le sue fortune politiche.  In politica estera e verso i palestinesi cambierà poco o nulla, tenendo conto delle posizioni di Bennett. Di sicuro la colonizzazione, di cui il premier è un noto alfiere, non conoscerà soste. E la possibilità che Israele lanci un attacco militare contro l’Iran resta sul tavolo dove l’ha lasciata l’ex primo ministro. Miglioreranno invece le relazioni tra Israele e l’Amministrazione Biden che sotto Netanyahu, stretto alleato di Donald Trump, non sono decollate.

Intanto oggi Bennett e il suo governo avranno modo di dimostrare subito quanto le loro posizioni siano vicine a quelle di Netanyahu. Se non sarà annullata la Marcia delle Bandiere della destra israeliana all’interno di Gerusalemme Est, la zona araba, e della città vecchia, si rischia di precipitare in una nuova escalation. Annullato il 10 maggio, poi nuovamente convocato, il corteo di migliaia di israeliani che attraversano la zona araba di Gerusalemme sventolando bandiere per affermare il controllo di Israele su di essa, è una provocazione, compiuta mentre nei quartieri palestinesi di Sheikh Jarrah e Silwan decine di famiglie rischiano di perdere la loro casa a vantaggio di attivisti della destra israeliana e di coloni.

I segnali che arrivavano ieri sera non erano incoraggianti. Il nuovo governo israeliano non appariva pronto ad annullare una iniziativa inutile e provocatoria. Piuttosto i comandi militari hanno ordinato di dispiegare ulteriori batterie di Iron Dome, il sistema antimissile, in modo da contrastare eventuali lanci di razzi da Gaza in reazione al corteo a Gerusalemme est. Si rischia un replay del 10 maggio, quando ebbe inizio l’escalation militare tra il movimento islamico Hamas e Israele. Oggi le organizzazioni palestinesi chiamano a un «Giorno della rabbia» ovunque: Cisgiordania, Gerusalemme Est, Gaza e le città miste in Israele. Stando a giornali locali, Hamas ha trasmesso un messaggio a Israele attraverso le Nazioni Unite e l’Egitto chiedendo che la marcia sia annullata o almeno deviata, altrimenti minaccia di rispondere militarmente. Ha anche esortato i palestinesi a convergere agli ingressi della Spianata della moschea di al-Aqsa. La decisione finale sulla marcia sarà presa dal nuovo ministro della pubblica sicurezza, Omer Bar-Lev.

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