Bene bravo sette più: gli effetti nefasti della commissione Colao iniziano a farsi sentire
Politica Le "semplificazioni" in tema di tutele ambientali sono un pericolo da respingere
Politica Le "semplificazioni" in tema di tutele ambientali sono un pericolo da respingere
Anche se le proposte della Commissione Colao, per eccesso di liberismo, sarebbero state messe in cassetto, le stesse (molte erano nell’aria da tempo) cominciano a dare effetti apparentemente casuali ma significativi.
Uno di questi è visibile nel DL “semplificazioni” che ha, come sempre, un capitolo dedicato, appunto, alle semplificazioni in materia ambientale.
Già parlare di semplificazioni in tema di tutele ambientali (alla fine si arriva a questo) è allarmante; questo DL “non delude le aspettative” facendo meritare al governo un “bene bravo sette più” dagli insegnanti della commissione Colao. Questi avevano caldeggiato semplificazioni soprattutto in tema di valutazione di impatto ambientale (altrimenti come si fa ad “accelerare” sulle grandi opere?)
Speriamo che sia ancora fresco il ricordo del decreto Sblocca Italia con il suo contorno di inceneritori, trivelle ecc. e che ciò costituisca un antidoto in sede di conversione del DL. Perché il “razionale” è identico anche se “a pioggia”: non specifico su determinate categorie ma esteso a tutti i progetti ricadenti negli obblighi di VIA. Quali i “meriti” del Governo in tale frangente? Tagliare i tempi dei passaggi procedimentali delle valutazioni di impatto ambientale e delle verifiche di assoggettabilità a VIA. Ora, fin quando si tratta di tagliare dei tempi in carico alla pubblica amministrazione il problema si sposta sull’efficienza di quest’ultima, il rischio concreto è che si chieda agli enti di essere più veloci senza che questi abbiano le risorse (personale sufficiente e preparato e possibilmente non precario) per affrontare in modo consono l’entità del lavoro implicito in tali procedure (graduato in complessità, da quelle a livello provinciale a quelle statali). Per il ministero sappiamo solo che si crea l’ennesima nuova (sostitutiva?) commissione interministeriale…
Se la riduzione dei tempi fosse accompagnata da investimenti in personale e attrezzature per far fronte a impegni maggiori la proposta avrebbe un significato anche positivo o comunque bilanciato (la pubblica amministrazione esce falcidiata da anni di riduzione delle risorse e del personale tant’è che queste procedure sono spesso seguite da esperti esterni con casi più o meno evidenti di conflitti di interesse: un giorno uno fa il componente della commissione che deve valutare un’opera, qualche tempo dopo o qualche tempo prima, redige uno studio di impatto ambientale per l’impresa x e si trova, momentaneamente, dall’altra parte). Ma quello che non è accettabile è che vengano ridotti i tempi a disposizione della popolazione per poter formulare osservazioni. Questi tempi nel DL passano da 45 a 30 giorni per le procedure di verifica di assoggettabilità a VIA (cd screening) e da 60 a 45 giorni per le procedure di valutazione di impatto ambientale.
I tempi previsti dalle norme vigenti erano già stretti a partire dai giorni o settimane di differenza dal momento del deposito della richiesta (e il suo inserimento sui siti istituzionali) al momento in cui gli interessati vengono effettivamente a conoscere quanto incombe sulle loro teste, complici quasi sempre le amministrazioni locali che, pur essendo informate immediatamente, ben si guardano di amplificare efficacemente la notizia ai propri cittadini. Quindi i veri interessati, gli esposti agli impatti dell’opera, lo vengono a sapere per ultimi e devono già oggi sbrigarsi per farsi sentire nell’ambito del procedimento; farsi sentire dopo, con manifestazioni, è possibile e utile ma è ottimale mostrarsi preparati e vigili su tutti i livelli. Hanno di fronte migliaia di pagine di studi di impatto ambientale con parti tecniche particolarmente ostiche e non è semplice attrezzarsi se non investendo in propri tecnici, ma questo non è certo il miglior modo per garantire la partecipazione e la democrazia, a meno che – è una proposta fatta tempo fa – il proponente non sia costretto a mettere a disposizione una cifra proporzionale al valore dell’opera per garantire la reale possibilità di intervento dal basso. Se poi la procedura viene depositata d’estate (come spesso accade) è ancora più agevole contare, da parte dei proponenti, sull’effetto “sorpresa” per superare indenni almeno i primi passaggi, che sono quelli decisivi, della procedura.
Se consideriamo la questione da questo punto di vista appare evidente che un apparente “taglietto” di 15 giorni ha l’effetto di indebolire in modo importante la capacità di reazione degli esposti, le loro possibilità di attivarsi a tempo per conoscere e contrastare un’opera che può venir individuata immediatamente come fortemente impattante e quindi da respingere o da sottoporre a condizioni autorizzative tali da ridurne gli effetti. È in gioco la concreta attuazione di un diritto collettivo la cui finalità è evitare l’agevole autorizzazione di opere che, intrinsecamente, determinano impatti ambientali. Non è questione secondaria se non ci si vuole solo riempire la bocca di “rispetto dell’ambiente”.
Sicuramente il DL presenta ulteriori semplificazioni che, nel tagliare o saltare passaggi considerati “burocratici” vanno a ledere o ridurre altri diritti collettivi, vogliamo porre l’attenzione su questo nella speranza sia di far sollevare (almeno) le associazioni ambientaliste, sia di trovare almeno un parlamentare a Roma che si avveda degli effetti nefasti di questa “sforbiciata”.
L’autore è presidente di Medicina democratica e tecnico della prevenzione
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