Battaglia contro la direttiva Ue sulla violenza di genere che esclude il consenso
Bruxelles «Solo sì è sì», ma il testo proposto dalla presidenza belga non ne tiene conto. Martedì riprenderà la discussione tra i capi di Stato e di governo
Bruxelles «Solo sì è sì», ma il testo proposto dalla presidenza belga non ne tiene conto. Martedì riprenderà la discussione tra i capi di Stato e di governo
L’8 marzo del 2022, la Commissione europea propose una direttiva sulla violenza di genere, per rendere cogente la Convenzione di Istanbul del 2011, che all’articolo 36 si riferisce allo stupro come a un rapporto sessuale realizzato senza consenso, specificando al paragrafo 2 che «il consenso deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona».
Due anni dopo, la proposta approvata dal parlamento europeo, è stata rimaneggiata dal Consiglio, tanto che la presidenza di turno belga della Ue starebbe lavorando a un nuovo testo per stralciarne gli avanzamenti più importanti che ruotano attorno al concetto del consenso, sia nella definizione del reato di stupro che in quello sulle molestie sessuali sul lavoro. La prossima settimana, quando martedì riprenderà la discussione tra i capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles, potrebbe segnare un arretramento dell’Unione europea in materia di diritti delle donne. Ma le donne italiane non ci stanno e chiedono alla presidente Meloni di respingere la proposta al ribasso della presidenza belga.
Una direttiva europea proposta dalla Commissione dev’essere approvata prima dal parlamento e poi dal Consiglio, i negoziati tra i tre organi sono detti “triloghi”. Dopo l’approvazione della proposta da parte del parlamento nel giugno scorso, si è arrivati alla fine del 2023 senza un testo definitivo. L’obiezione formale da parte degli Stati critici con la direttiva, è che la definizione del reato di stupro non rientrerebbe nelle competenze giuridiche della Ue, per quanto la Commissione per inserirla si sia riferita al reato di «sfruttamento sessuale delle donne e dei minori» contenuto nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (art. 83).
Ma il punto del contendere è piuttosto quello contenuto all’articolo 5 della direttiva che, nell’individuare il reato di stupro, ripropone il principio della Convenzione di Istanbul, mettendo al centro il consenso della donna all’atto sessuale. L’opposizione al testo della direttiva non è solo dei paesi europei cosiddetti sovranisti, ma è più generalizzata, oltre a Polonia e Ungheria coinvolge anche Francia e Germania.
Il modello del consenso, noto anche come «solo sì è sì», è quello adottato dalla Spagna nel 2022, con la legge di Garanzia integrale della libertà sessuale, proposta dall’allora ministra di Pari Opportunità Irene Montero. Ma per lo più nella legislazione dei paesi, prevale il riconoscimento del reato di stupro nei casi in cui avvenga con violenza, minaccia, o costrizione. Il problema è che spesso la vittima si trova in uno stato di shock e non riesce a reagire, oppure sceglie di evitare una violenza maggiore che potrebbe costarle la vita. Per cui, in questo caso, l’attenzione è tutta concentrata sulla donna, piuttosto che sul suo aggressore.
La possibile eliminazione dell’articolo 5 della direttiva ha fatto saltare tutti gli allarmi nel femminismo italiano. Le donne di Cgil, Cisl e Uil hanno emesso subito un comunicato in cui si chiede alla presidente del governo Meloni di difendere le norme a tutela delle donne. Giorgia Fattinnanzi, responsabile Cgil nazionale delle Politiche di contrasto alla violenza di genere, ci parla di «segnale forte che preoccupa», riferendosi a una politica della Ue che «comincia a fare i conti con la spinta retrograda delle destre». «Se cancelliamo il consenso – continua la dirigente sindacale, anche in riferimento alle molestie sessuali – rispostiamo l’attenzione dalla vittima al carnefice. Toccare il consenso reintroduce il tema della corresponsabilità».
L’Intergruppo della Camera per le donne ha inviato una lettera a Meloni per chiederle che non venga stralciato il concetto di consenso. Differenza Donna ha espresso forte preoccupazione, chiedendo il reinserimento dell’articolo 5. La presidente dell’associazione Elisa Ercoli ci dice che quanto sta avvenendo è grave «perché mitiga del tutto quel portato straordinario della convenzione di Istanbul». «I capi di governo europei faticano a considerare questi come temi politici importanti, ma la violenza maschile sulle donne è qualcosa di politico e di pubblico e attraversa tutti gli ambiti sociali». E annuncia «una petizione europea rivolta ai governi dei diversi paesi, perché la discussione sul testo non si chiuda la prossima settimana e continui fino a metà marzo».
Reagisce il governo italiano con la ministra per le Pari Opportunità Roccella che dichiara: «L’Italia è sempre stata fortemente favorevole all’inclusione del reato di stupro nella nuova direttiva europea contro la violenza sulle donne».
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