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Baddie Boccia, la politica rispiegata dalle canzonette

Baddie Boccia, la politica rispiegata dalle canzonette

La rapper Anna rovescia le favole dei colleghi maschi e la musica pop più misogina dai tempi di "Vipera". Ascoltarla scrollando l’Instagram. La mancata consultente si è dimostrata più scaltra a usare i social di quanto Meloni e la brigata degli opinionisti da talk abbiamo saputo usare i canali Rai che controllano di Maria Rosaria Boccia è istruttivo

Pubblicato 20 giorni faEdizione del 15 settembre 2024

 

Uno dei dischi più ascoltati degli ultimi mesi in Italia è stato Vera Baddie di Anna. La rapper di La Spezia, 21enne, rovescia le favole dei suoi colleghi maschi – di gangster e bitches, soldi e sesso – e si ritaglia uno spazio dentro la nostra musica pop, la più misogina dai tempi di Vipera.

«Non ho tempo per i gossip/ voglio fare big money/ prendo casa a Miami/ please stop calling» canta in Bikini. Baddie, cioè cattivella, nelle canzoni esibisce ossessivamente il pieno controllo di sé nello scambio sociale e sessuale. Lo fa esplicitamente perché questa è la regola del genere: «Million dollar baby vuole un rich baby daddy», il ritornello di I love it. «Il mio cuore appartiene al mio paparino», cantava Marylin Monroe. L’amore, se esiste, auguri. Tutto il resto ha un prezzo: «Mai pagato in natura/ Giro Milano chiedendo fattura», il verso più riuscito in Bbe («Best bitch ever», con Lazza).

ASCOLTARE ANNA scrollando l’Instagram di Maria Rosaria Boccia (136mila follower in crescita, Anna ne ha 2,2 milioni), è istruttivo. La pompeiana – si dice così, la scorrettezza richiamerebbe l’uso che i rapper fanno del termine bitch – 41 anni, musicalmente più prevedibile nelle sue stories (Vasco Rossi, Nek, Ermal Meta), è altrettanto ossessiva nel raccontare qualcosa che ha a che fare con il mercato di sé. Corpi, fascino, competenza, sesso – che è il motivo per cui i social esistono e prosperano. Sappiamo com’è andata. Dopo il beauty, il food, il “creare emozioni” sotto il marchio pezzotto MilanoFashionWeek e quasi tutto l’onestissimo nulla dell’economia immateriale che è ben testimoniato dalla successione cronologica dei post, alla ricerca di una svolta che tarda ad arrivare Boccia punta la politica. Entra nel giro del ministro (o dei ministri), partecipa a eventi e iniziative, sta per ottenere un contratto di consulenza anzi il contratto sarebbe stato firmato quando, all’improvviso, salta tutto. Perché? Un «decreto ministeriale strappato», scrive con enfasi lei in uno degli ultimi post. Continua: «Invece di spostare l’attenzione mediatica sulla mia vita privata (…) vediamo chi ha detto bugie».

CONOSCIAMO BENE le ossessioni della società dei social media, persino sfinente quando chiede di mostrare scontrini, estratti conto, diplomi di laurea, fotografie, prove. «Detecto le vibes, detecto le lies», per cantarla ancora con Anna. L’hip-hop applica al mondo le leggi non scritte della strada: mai fidarsi di nessuno è la prima. Che sia stata oppure no l’amante del ministro, sugar babe/sugar daddy, da ragazza in carriera 2.0 post metoo Boccia ha conservato mail, telefonate, messaggi, e si è dimostrata più scaltra a usare Instagram di quanto Giorgia Meloni, i suoi consiglieri e la brigata degli opinionisti da talk abbiamo saputo usare i canali Rai che controllano completamente. Quasi certamente è andata oltre le sue intenzioni, ma i soli post su Instagram, l’intervista data e quella negata, la sponda di La7 e in parte di Mediaset, hanno messo in crisi due caposaldi della destra, entrambi cruciali nella ricerca della cosiddetta egemonia (che Gramsci trovi pace).

IL PRIMO È IL SISTEMA circolare di opinionisti, pseudo giornali, talk show e social media attraverso cui la destra influenza l’opinione pubblica e, viceversa, se ne fa influenzare come insegnano i manuali neopopulisti. La performance del ministro Sangiuliano è unanimemente giudicata disastrosa: in tempi di reality show le lacrime hanno un effetto di commedia, le dimissioni certificano l’errore, rendono plastica l’esistenza di Telemeloni. L’attacco successivo a Boccia – arrivista, escort, spia – è tardivo e scomposto, non funziona come un tempo (ci siamo già passati, D’Addario e Ruby). Secondo. Maria Rosaria Boccia, il suo Instagram da influencer politica, il decreto ministeriale strappato, la resistenza a stare nelle regole dei vecchi meccanismi di scambio sesso/potere mettono in crisi un altro caposaldo della destra: la meritocrazia. Il merito, e col merito la promessa di cancellare i meccanismi di cooptazione della sinistra («amichettismo», «i comunisti»).

SE IL MERITO È il travestimento, come in questo caso, di uno scambio sessuale, di qualcosa che gli assomiglia, un’altra forma di cooptazione, se è la legge della strada, del clan, oppure un Onlyfans come un altro, a catena queste ombre si stendono sul resto della classe dirigente della destra, la quale non gode di nessun’altra legittimazione (televisiva, di followers, fascino) se non quella di essere stata selezionata prima da Giorgia Meloni e messa poi a occupare ogni slot della programmazione tv e social.

Uno dei modelli di Anna è una cantante inglese, Charli Xcx. Fa hyperpop che significa canzoncine ironiche, di secondo grado. È sulla scena da una decina d’anni in più, ha il doppio di follower su Instagram, la scorsa estate con l’uscita del suo album brat, parola scritta in caratteri semplici su uno sfondo verde acido, ha diffuso il concetto un po’ ovunque. Brat è il contrario della brava ragazza. «Un po’ incasinata, le piacciono le feste e qualche volta dice scemenze», una delle spiegazione date da Charli stessa. Uno dei primi atti della campagna elettorale di Kamala Harris è stata quella di applicare il colore verde acido ai suoi social, entrare nel flusso virale e lasciarsi proclamare «brat». «Ho un’altra idea di come la donna deve procurarsi spazio nella società», l’avrebbe corretta a questo punto Giorgia Meloni. La politica rispiegata dalle canzonette.

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