In un momento di maggiore curiosità e riscoperta di grandi pensatrici nere, ci si augura che possa arrivare un generale riconoscimento e una serie continuativa di traduzioni anche per Audre Lorde, poeta, nera, femminista, lesbica, madre, guerriera (così si definiva) che tra le prime ha sviluppato categorie come l’etnia, la classe sociale e l’orientamento sessuale per determinare un femminismo fino ad allora soprattutto bianco, etero, accademico.

Come spesso avviene, da anni i collettivi discutono le opere di questa immensa autrice, alcune di queste ora finalmente tradotte grazie al lavoro di tre meritevoli case editrici: Il Dito e La Luna ha pubblicato i suoi scritti politici in Sorella outsider, ETS la sua «biomitografia» Zami, così riscrivo il mio nome in cui Lorde ripercorre la sua educazione politica, sentimentale e sessuale.

Infine le edizioni Le Lettere, grazie all’opera del collettivo di traduttrici WiT, con l’intensa raccolta D’amore e di lotta ha consentito uno sguardo sullo straordinario percorso in versi di un’autrice che ha sempre considerato la poesia «non un lusso ma una necessità dell’esperienza».

AUDRE LORDE nasce ad Harlem nel ‘34 da immigrati caraibici e sperimenta fin da piccola il razzismo, sessismo e classismo di un’America che solo nel ‘54 decretò incostituzionale la segregazione razziale, e se pensiamo che questo non ci riguardi, abbiamo un motivo in più per leggere Lorde e la sua definizione di una società occidentale totalmente incapace di «riconoscere la differenza come forza umana dinamica che arricchisce la definizione dell’io invece di minacciarla».

In un intervento del 1980 Lorde scrive che «in una società in cui il bene è definito come profitto e non in termini di bisogni umani» siamo tutti e tutte incoraggiate a vedere «le differenze umane come semplici opposizioni dicotomiche: dominante/subordinato, buono/cattivo, sopra/sotto, superiore/inferiore» e oltretutto questo tipo di società per auto-sostenersi ha bisogno ogni volta di individuare un gruppo (o più) di persone che è di troppo e che deve occupare il posto dell’«inferiore deumanizzato», cioè l’umano ridotto a categoria. In ogni società esiste: Lorde lo indicava nella comunità nera, nelle donne, nelle persone povere, anziane, o malate. Cominciamo anche noi a fare un elenco. Nel 1967, racconta Lorde, l’inferiore deumanizzato è una bambina nera spinta dalla mamma in un carrello del supermercato che viene vista da una bambina bianca, anche lei dentro al carrello spinto da sua madre, alla quale dice indicando la bambina nera: «Guarda mamma… Una cameriera piccola!». La madre le fa cenno di tacere con la mano invece di correggerla, e una femminista bianca anni dopo a quelle parole ride imbarazzata come fosse una storiella.

MA LA GRANDEZZA del pensiero di Lorde sta non solo nell’indicare la rabbia come strumento di lotta per uscire dalla paura, una rabbia che si concreta nell’uso politico della parola (il vostro silenzio non vi proteggerà, dice Lorde), ma anche di colmare l’ignoto delle origini del suo popolo deportato attraverso frequenti viaggi in Africa dove scopre una genealogia di antenate nere, oltre a valorizzare il lavoro delle attiviste abolizioniste.

Non sono le differenze che ci separano, dice Lorde, quanto il rifiuto a conoscerle. Eppure proprio queste tante parti di sé, oltre alle già citate: il far parte di una coppia interraziale fatta da una nera e una bianca; essere madre anche di un figlio maschio; essere anche caraibica (negli ultimi anni vivrà a St. Croix con il nome Gamba Adisa: Guerriera), portano Lorde da un lato a sentirsi sempre una sorella outsider, la parte di una minoranza sbagliata, ma dall’altra costituiscono la sua ricchezza più grande: beneficiare del pensiero e dell’esperienza dell’alterità, viverci accanto. Farci i conti. Così come farà con un cancro al seno che la porta a scrivere dei diari bellissimi ancora non abbastanza conosciuti.

La lotta di Lorde è inseparabile dall’amore: l’amore per una rivoluzione da poter fare solo insieme e l’amore carnale e spirituale per tutte le donne della sua vita che, Lorde dice in Zami: «fiammanti come torce adornano e definiscono i confini del mio viaggio, si ergono come dighe tra me e il caos».

SCHEDA. Da domani al Pigneto

Caterina Venturini sarà ospite di «inQuiete», festival di scrittrici a Roma, che si terrà il 7, l’8 e il 15 e il 16 ottobre al Pigneto. L’autrice parlerà di Audre Lorde domani alle 19.30 presso il Cinema Avorio che, insieme alla Biblioteca Mameli e alla Libreria Tuba, sarà uno dei luoghi in cui si svolgeranno gli incontri. Quest’anno, tra le ospiti: Elena Biagini, Silvia Bre, Claudia Bruno, Maria Grazia Calandrone, Annalisa Camilli, Giulia Caminito, Sara De Simone, Sabrina Efionayi, Iaia Forte, Nadia Fusini, Jana Karšaiová, Jhumpa Lahiri, Viola Lo Moro, Dacia Maraini, Laura Marzi, Rahma Nur, Romana Petri, Veronica Raimo, Liliana Rampello, Diana Tejera, Tamara Tenenbaum, Nadia Terranova, Nadeesha Uyangoda.