«Au plus près du soleis», le verità nascoste nei legami familiari
Cinema Alla Festa di Roma il film di Yves D'Angelo, una tragedia al femminile senza troppi rischi
Cinema Alla Festa di Roma il film di Yves D'Angelo, una tragedia al femminile senza troppi rischi
Nel calderone della Selezione Ufficiale della Festa del Cinema, a parte le anteprime dei film che prossimamente andranno in sala, si procede a tentoni cercando di indovinare l’opera giusta, quella capace di scuotere gli animi e di accenderli. Quella che magari invogli a sostare, durante le lunghe pause del programma, presso l’Auditorium di Renzo Piano, protagonista quest’ultimo di uno degli incontri nei quali si ha l’impressione che quando gli adulti si mettono a parlare in salotto, i film si chiudono in camera a giocare alla Playstation per conto loro.
E nel calderone si può pescare, tra gli altri, un film francese la cui facile quanto discutibile morale sembra suggerire che dire la verità è meglio che nasconderla. Il riferimento è a Au plus pres du soleil di Yves Angelo, regista francese conosciuto come operatore e direttore della fotografia (tre César tra il 1990 e il 1994), qui alle prese con una storia costruita sull’incrocio di traiettorie di due donne che collidendo danno inizio a un dramma famigliare.
Juliette (Sylvie Testud) è un magistrato, Sophie (Mathilde Bisson) è una giovane donna accusata di circonvenzione d’incapace. La vicenda parte da un uomo sposato che sentendosi ormai oppresso dall’amante, la citata Sophie, decide di togliersi la vita. E prosegue con la novella mantide davanti all’irreprensibile magistrato. Naturalmente il fato non può accontentarsi di mettere a confronto due personaggi così diversi tra loro. E, infatti, presto, con una semplicità disarmante, Juliette scopre di aver adottato il figlio abbandonato sedici anni prima a Fréjus proprio da Sophie.
La donna di legge, senza alcuna esitazione, dimentica i giuramenti prestati e gli obblighi che la costringerebbero ad abbandonare il caso. E mai è sfiorata dalla consapevolezza di essere per ceto, posizione sociale e istruzione, superiore all’inconsapevole contendente.
Quindi fa condannare la predatrice che per parte sua non capisce i motivi di tanto accanimento. E ancor meno comprende, uscita dal carcere, come mai un uomo, Olivier il marito di Juliette (Grégory Gadebois, protagonista in questi giorni della serie cult francese Les revenants), avvocato altrettanto irreprensibile ma colto dai sensi di colpa, sia disposto ad aiutarla senza nemmeno chiederle in cambio il suo corpo.
Così, da una verità nascosta si passa a una serie di situazioni nelle quali i protagonisti non fanno altro che sprofondare sempre più in basso, fino all’epilogo che rimastica gli archetipi della tragedia greca.
Descritto in questo modo, Au plus près du soleil può apparire come un’opera che gradualmente si addentra nelle profondità dell’animo umano per rivelarne lo sporco. Ma solo di una rivelazione di comportamenti (altrui) si tratta. Lo spettatore viene tenuto alla larga dalle traiettorie dei protagonisti. Il sesso, la famiglia, la verità e la menzogna sono oggetti spettacolari che possono provocare un brivido. Ma niente che dia l’impressione che in quel momento davanti allo specchio ci siamo proprio noi e i nostri baratri.
È pur sempre una Festa, non una Festen!
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