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«Atlante sentimentale del goal», cinquanta reti al cuore del Mondiale

«Atlante sentimentale del goal», cinquanta reti al cuore del MondialeSocrates durante i Mondiali del 1982

Libri Il volume di Luca Todarello, una guida per ripercorre la storia della Coppa del Mondo attraverso alcune imprese rimaste nella storia

Pubblicato più di un anno faEdizione del 3 maggio 2023

Il goal per il tifoso di calcio è il momento dell’esaltazione, il termine ultimo di ogni azione; si potrebbe dire, per filosofeggiare un attimo, che il calcio sia un gioco teleologico e il suo telos, il fine, lo scopo sia il goal. Ora che il Mondiale qatariota è finito da un po’, si può tornare a leggere, per chi lo avesse già fatto, con una rinnovata predisposizione sentimentale il libro nel quale Luca Todarello illustra le cinquanta reti, i cinquanta goals, che hanno fatto la storia della Coppa del Mondo (Atlante sentimentale del goal. Le cinquanta reti che hanno fatto la storia della Coppa del Mondo, Prefazione di M. Raffaelli, Bordeaux, Roma, pp. 141, €. 14,00).
L’Atlante, specifica l’autore nell’Introduzione, «non certifica, non classifica, non giudica». È una guida, opinabile nelle scelte, come avviene in casi di questo genere, con la quale si ripercorre la storia della Coppa del Mondo attraverso le cinquanta reti ritenute più significative. Fra queste soltanto una è un calcio piazzato, ossia, nel caso specifico, un rigore: durante il Mondiale inglese nel 1966 a tirarlo fu Eusebio, il grande attaccante lusitano, e a tentare di pararlo fu Jašin, il mitico portiere della Nazionale sovietica.
Quattro fra i calciatori le cui imprese sono prese in considerazione dall’autore spiccano per la specificità del loro goal, e non solo. Il primo è Jürgen Sparwasser che, giocando nella nazionale della Repubblica democratica tedesca, durante il Mondiale tedesco del 1974 segnò una rete decisiva nel derby con la nazionale della Germania federale che, poi, avrebbe vinto quel torneo.

IL SECONDO è Saeed Al-Owairan, un giovane di Riyad, che, durante il Mondiale statunitense del 1994, approfittando dell’errore di un avversario, percorse il campo in nove secondi per battere uno dei portieri più forti dell’epoca, il belga Michel Preud’homme. Il terzo è (forse meglio sarebbe dire fu, visto che ci ha lasciato nel 2020) Papa Bouba Diop che, nel corso del Mondiale del 2002, svoltosi fra la Corea del Sud e il Giappone, realizzò un goal praticamente da seduto contro la Francia campione del mondo in carica. Il quarto calciatore è Socrates, anch’egli scomparso, nel 2011, che Todarello ricorda per la rete segnata all’Urss durante il Mundial del 1982, quello che consacrò la Nazionale italiana Campione del Mondo. Socrates, venuto in Italia, per sua stessa ammissione, non solo per giocare nella Fiorentina ma anche per studiare Gramsci in italiano, amava dire che il calcio è il gioco più marxista che esista in quanto vincono anche quelli che sembrano destinati alla sconfitta. I tre esempi appena citati non sembrano essere la conferma di quello che il Dottore, così veniva soprannominato Socrates, affermava? Germania Est batte Germania Ovest, Arabia Saudita batte Belgio, Senegal batte Francia (in questo ultimo caso i colonizzati contro i colonialisti).

QUALCOSA di simile è accaduto anche nel corso dell’ultimo Mondiale: quarto classificato il Marocco, prima squadra africana a raggiungere un traguardo di così alto prestigio calcistico, che ha battuto Belgio, Spagna e Portogallo. E se Todarello vorrà aggiornare il suo Atlante con un goal di questa ultima Coppa del Mondo, in pole position potrà trovare proprio la rete di Youssef En-Nesyri, attaccante marocchino del Siviglia, che ad un certo momento della partita con il Portogallo si è alzato sospendendosi in aria per raccogliere di testa un cross dalla sinistra e segnare il goal della vittoria. Subito gli intenditori hanno parlato, quasi a voler sminuire l’impresa dell’attaccante, di uscita fuori tempo del portiere lusitano; ma il gesto tecnico e atletico resta e si pone allo stesso livello di quello di «divinità», o almeno ritenute tali, del calcio contemporaneo, ormai irrimediabilmente avviate lungo il viale del tramonto. Anche in questo caso, la citazione di Socrates non è per nulla fuori luogo.
Todarello chiude il suo libro con una galleria di campioni che non hanno mai segnato in una Coppa del Mondo. Fra essi spicca Árpád Weisz, il calciatore ungherese che, a causa di un infortunio, fu costretto a disertare il primo Mondiale in Uruguay. Divenne manager e morì ad Auschwitz.

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