Aria avvelenata, la Corte di Giustizia Ue: l’Italia vìola il diritto alla vita
Clima I giudici: «Sistematico superamento del valore limite di polveri sottili». Asvis: ignorate 60 mila morti l’anno
A quattordici anni dall’adozione della Direttiva di Bruxelles «per un’aria più pulita in Europa» l’Italia è inadempiente. Per questo ieri la Corte di Giustizia dell’Ue, accogliendo un ricorso della Commissione europea, ha dichiarato l’inadempimento (infrazione) del nostro Paese per il mancato rispetto, definito «sistematico e continuativo», del valore limite annuale fissato per la concentrazione di biossido d’azoto (NO2) nell’aria in varie zone e per la mancata adozione, a partire dall’11 giugno 2011, di misure atte a garantire il rispetto nelle stesse zone dei valori limite dello stesso gas «irritante per l’apparato respiratorio» (definizione dell’Agenzia regionale per l’ambiente della Toscana).
LA CORTE RITIENE che l’Italia abbia mancato agli obblighi che le incombevano omettendo di provvedere al contenimento dei valori limite annuali di NO2, oltrepassati a partire dal 2010 fino al 2018 incluso negli agglomerati di Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Firenze, Roma e nel comune di Genova; dal 2010 al 2017 incluso, nella zona di pianura altamente urbanizzata (quella Padana); a partire dal 2010 fino al 2012 e a partire dal 2014 fino al 2018 nell’agglomerato di Catania. Questa violazione rappresenta un costo sociale significativo. Come spiega il sito del Sistena nazionale per la protezione ambientale (Snpa), «numerosi lavori hanno evidenziato una associazione statisticamente significativa tra le concentrazioni atmosferiche giornaliere di NO2 e le consultazioni mediche, i ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie, la sintomatologia respiratoria nei bambini e l’incidenza di attacchi d’asma. È stata anche riscontrata un’associazione significativa tra le concentrazioni atmosferiche di NO2 e la mortalità giornaliera in varie città». Per cambiare la situazione l’Italia avrebbe dovuto intervenire sulle «principali sorgenti di ossidi di azoto» (Snpa) che sono le combustioni nel settore dei trasporti (in particolare dai motori diesel), negli impianti industriali, di produzione di energia elettrica, di riscaldamento civile e di incenerimento dei rifiuti.
LA CORTE HA SOTTOLINEATO che le giustificazione portate dall’Italia non possono essere considerate valide: presunte difficoltà strutturali legate ai fattori socio-economici, investimenti di grande portata da mettere in opera, tendenza al ribasso dei valori di diossido di azoto, tempi di attuazione necessariamente lunghi dei piani adottati, addirittura tradizioni locali e presenza di cofattori causali esterni quali la configurazione orografica di certe zone e la circolazione dei veicoli diesel sono solo scuse accampate da chi non ha saputo intervenire.
IL PROBLEMA, RIPRENDENDO un position paper diffuso ieri dall’ASviS, l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile il cui portavoce è stato a lungo Enrico Giovannini, oggi ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, è che «l’inquinamento dell’aria è un problema altrettanto grave quanto il cambiamento climatico, ma è molto meno sentito. Ed è questo l’ostacolo principale da abbattere». Citando dati dell’Agenzia europea dell’Ambiente, il documento – elaborato nell’ambito del Gruppo di lavoro sul Goal 11 «Città e comunità sostenibili» – evidenzia che in Italia nel 2019 ogni giorno sono morte prematuramente 165 persone a causa della cattiva qualità dell’aria. Fanno 60mila in un anno. Il problema della scarsa qualità dell’aria è ben conosciuto senz’altro da uno dei due coordinatori del gruppo di lavoro che ha redatto il position paper: Miriam Cominelli, che fa parte del Coordinamento Agende 21 locali, è dal 2018 assessore all’Ambiente del Comune di Brescia. Nella città lombarda il mancato rispetto delle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità (WHO) in merito a polveri sottili e biossido di azoto comporta ogni anno 400 morti premature che potrebbero essere evitate. ASviS suggerisce perciò l’adozione di provvedimenti che possono essere anche impopolari, sul piano politico, come limitare la circolazione dei veicoli più inquinanti – in particolare i diesel -, incentivare la copertura e lo stoccaggio dei liquami degli allevamenti zootecnici, disincentivare i sistemi di riscaldamento domestico più inquinanti.
IL PRIMO ASPETTO È particolarmente problematico, se si pensa che l’Italia nel 2022 ha rinnovato gli incentivi a chi desidera cambiare auto per comprarne una alimentare con combustibili fossili.
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