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Appunti, note, e frammenti clinici inediti dall’officina autocritica di Elvio Fachinelli

Appunti, note, e frammenti clinici inediti dall’officina autocritica di Elvio FachinelliFachinelli con Jacques Lacan

Saggi «Esercizi di psicanalisi», da Feltrinelli

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 3 luglio 2022

La storia della psicoanalisi (ma vale per altre discipline) è scandita dal periodico ritorno di interesse per le opere di autori scomparsi, dove le incertezze, le contraddizioni e i limiti dei lavori in questione vengono spesso eclissati dalla volontà di ricostruirne, a posteriori, una presunta linearità e coerenza interna.
In opposizione a questa logica, conferma la sua importanza una raccolta di brevi saggi di Elvio Fachinelli, Esercizi di psicanalisi (Feltrinelli, pp.192 € 20,00), che Dario Borso ha estratto da una «valigetta» di manoscritti ritrovati. È una combinazione eterogenea di contributi (ventisei scritti inediti o difficilmente reperibili) a cui va riconosciuto il valore speciale, al di là del contenuto dei singoli testi, di testimonianza su cosa sia un autentico lavoro intellettuale.

Appunti, note, considerazioni appena accennate, commenti, riflessioni autocritiche, frammenti clinici, abbozzi di elaborazioni teoriche: quel che Borso presenta è un materiale che ha il pregio di rendere visibile lo sviluppo di un pensiero che, per avanzare, non teme di entrare in contraddizione con se stesso, né di fare i conti e prendere le distanze da posizioni ritenute superate. Esercizi di psicanalisi, infatti, consente al lettore di entrare nel laboratorio concettuale di Fachinelli e vederlo misurarsi in un vero e proprio corpo a corpo con questioni teoriche e autori di varie discipline.

Sul versante psicoanalitico, Sigmund Freud e Jacques Lacan sembrano impegnarlo in un confronto stringente del quale Fachinelli approfitta per ribadire alcuni dei temi a lui più cari: l’importanza «dell’esperienza dei fenomeni di ripetizione nella vita degli individui», ad esempio, l’insistenza, cioè, di quel fattore soggettivo che spinge verso il «peggio» e che, al contrario di quanto una parte della psicologia (contaminata da aspirazioni sociologizzanti) a quell’epoca sosteneva, costituisce il tratto specifico della psicoanalisi; ma anche la centralità della «lingua del corpo», ossia di quel «quinto privilegio dell’inconscio» del quale Fachinelli, nella straordinaria conversazione registrata con Lacan, rivendica un ruolo determinante nell’economia psichica; o ancora, il problema del denaro, tanto come oggetto libidico metonimicamente correlato ai primi oggetti pulsionali del bambino, quanto come oggetto di scambio denso di significazioni che circola all’interno della relazione analitica.

Notevoli le originali riflessioni sul meccanismo difensivo della negazione e di annullamento nella nevrosi ossessiva, quelle sul problema della formazione degli analisti e del rischio che l’aumento del numero di studenti di psicologia e il loro ingresso nei servizi porti alla costituzione di un «sistema genitoriale accessorio»; e infine, la critica alle istituzioni psicoanalitiche e alla loro progressiva trasformazione in vere e proprie «corporazioni», sempre più simili a «sistemi religiosi totemici».

Ma è soprattutto nel confronto con autori di altri settori e con questioni di attualità (ma non solo) che emerge lo spessore intellettuale di Fachinelli, che non mostra la minima ambizione di ricorrere agli strumenti della propria «disciplina» per «disciplinare» i vari saperi (politico, letterario, artistico, culturale in genere).
Quando scrive della morte di Pasolini e del dibattito culturale che ne è seguito, o risponde all’articolo di Jemolo sugli omosessuali, o commenta la coraggiosa decisione di Sartre di pubblicare sulla rivista Les Temps Modernes il discusso Dialogo psicoanalitico di J.-J. Abrahams, o riflette sul rigetto infantile delle spiegazioni «scientifiche» su come nascono i bambini, o stronca il libro della dottoressa Phillips, o studia il testo di Walter Benjamin Programma per un teatro proletario di bambini: insomma, ogni qual volta si interessa a un tema non clinico e non metapsicologico, la sua attitudine di fondo non rivela mai l’intento di insegnare alcunché, e la sua postura è segnata dal desiderio di comprendere più che dalla presunzione di spiegare. Nessun cedimento in senso educativo, dunque, ma solo l’esercizio – per l’appunto – della capacità di porsi gli interrogativi giusti: qualcosa di cui oggi sentiamo disperatamente il bisogno.

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