«Animal Farm», la ricerca di un’opera capace di interpretare il contemporaneo
Opera Alexander Raskatov adatta George Orwell. Il libretto, a cura del compositore, per la regia di Damiano Michieletto, lavora su un linguaggio complesso, l’originale critica allo stalinismo si declina al presente
Opera Alexander Raskatov adatta George Orwell. Il libretto, a cura del compositore, per la regia di Damiano Michieletto, lavora su un linguaggio complesso, l’originale critica allo stalinismo si declina al presente
Dopo alcuni adattamenti per la scena teatrale, per il cinema d’animazione, la tv e il fumetto, Animal Farm di George Orwell è approdato sul palcoscenico dell’opera, in una nuova creazione di Alexander Raskatov, con la regia di Damiano Michieletto, a cui si deve l’idea di partenza. Il palcoscenico è di nuovo quello di Amsterdam dove nel 2009 Raskatov si era imposto a livello internazionale con Cuore di cane, tratto dal racconto di Bulgakov e circolato in vari teatri europei fra cui La Scala di Milano.
La redazione consiglia:
Damiano Michieletto in un viaggio misterico di Mozart, buio e luceLe voci variano dal declamato brutale di Napoleone – l’imponente Misha Kiria – il maiale che nella fattoria si fa despota assoluto, alle colorature di sapore ligetiano della puledra Mollie – Holly Flack – e con molteplici screziature nel canto ora frammentato ora spiegato degli altri animali e degli umani, a partire dalla coppia dei fattori, Mr. e Mrs. Jones, Marcel Beekman e Francis van Broekhuizen.
ACCANTO agli sconfitti, lo Snowball teso di Michael Gniffke o il sonoro Boxer di Germán Olvera, cantano i sopraffattori come il micidiale corvo Blacky dai melismi rochi, Elena Vassilieva, compagna di vita del compositore, o lo Squealer di James Kryshak, che allude a Beria, per cui Raskatov ha creato la scena con la cantante Pigetta, l’acutissimo Karl Laquit.
Lo spettacolo di Michieletto, con scene di Paolo Fantin, costumi e maschere di Klaus Bruns, sottolinea la scelta di concentrare la vicenda sui carnefici, trasformando la fattoria in un mattatoio: l’ineluttabilità dello sfruttamento e della morte, con le pareti insanguinate dai comandamenti rivoluzionari, via via corretti e distorti da violenza e propaganda, proietta l’originale critica allo stalinismo sulla realtà di un presente che sembra ripetersi senza speranza fra autocrazie e mercato onnipotente. L’inclusione nel libretto di sala della dolorosa prefazione redatta da Orwell all’edizione ucraina del 1947 ne è un chiaro segnale. Pubblico convinto, applausi in piedi a ogni recita. Stasera ultima rappresentazione ma l’opera andrà poi a Vienna, Helsinki e, per fortuna, a Palermo.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento