Mentre, anche grazie alla denuncia del manifesto, il governo ha fatto marcia indietro su buona parte delle follie contenute nel decreto, per i commissari da nominare ai vertici di Inps e Inail tutto rimane in alto mare.

E il nome più accreditato per il vertice dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro rimane l’attuale segretario generale dell’Ugl Francesco Paolo Capone. Una nomina che fa gridare allo scandalo gran parte dei lavoratori e di dirigenti dell’ente.

A testimoniare il fatto che il governo Meloni è in grande difficoltà a nominare i commissari di Inps e Inail, rimane una modifica nell’ultima bozza del decreto che dovrebbe venire pubblicato in Gazzetta ufficiale oggi. Il tempo previsto inizialmente per la nomina era di «dieci giorni», ora raddoppiati a «venti», che dunque scadranno a fine maggio.

Per il resto il governo ha dovuto cancellare le norme più incredibili a partire da quella che prevedeva di traslare in toto i componenti dei consigli di amministrazione nei «Comitati di indirizzo e vigilanza» fino alla fine del loro mandato, addirittura a parità di compenso.

Le altre modifiche invece derivano da una serie di contentini accordati alla ministra del Lavoro Marina Calderone, colei che aveva subìto il decreto come un vero schiaffo, visto che era stato varato in sua assenza. La modifica più importante riguarda la nomina del Direttore generale, attualmente Vincenzo Caridi, anch’esso inviso alla maggioranza di destra, al pari di Pasquale Tridico. Nella nuova versione il Dg torna ad essere «nominato dal ministro del Lavoro su proposta del Consiglio di amministrazione».

Anche i poteri del Direttore generale, che nella prima bozza erano limitati a un semplice «sovraintendere», tornano a prevedere, come ora, che il Dg sia «responsabile del risultato gestionale dell’Istituto».

Tutte queste cancellazioni però dimostrano ancor di più che il commissariamento dell’Inps è immotivato perché le uniche cose che cambiano sono la cancellazione della figura del vicepresidente e la durata in carica del direttore generale che passa da 5 a 4 anni, legandolo maggiormente alla nomina politica del Cda e del presidente.

Il decreto prevede poi che il commissario debba «modificare il regolamento entro tre mesi» dalla nomina, senza però limiti di mandato allo stesso commissario.

Se per il commissario dell’Inps la lotta rimane fra Mauro Nori e Concetta Ferrari, c’è solo il nome di Capone per l’Inail.

Si tratterebbe di una nomina assolutamente figlia di uno scambio politico. L’Ugl è infatti l’unica confederazione vicina al governo Meloni e per questo è convocata assieme a Cgil, Cisl e Uil, nonostante abbia molta meno rappresentatività dell’Usb. Lo dimostrano in modo lampante i dati dell’Aran che certificano i lavoratori iscritti e i voti ricevuti nel settore pubblico: in nessuna delle tante aree l’ex Cisnal si avvicina lontanamente alla soglia di rappresentanza, collezionando percentuali sotto l’1%.

Capone è diventato segretario generale quando Claudio Durigon ha fatto il grande salto in politica, facendo dell’Ugl il braccio armato della Lega, tanto da ospitare nella sede di Botteghe Oscure la famosa «bestia» di Salvini, lo staff che curava i social del leader leghista.

Capone è poi assurto agli onori della cronaca (e alla rabbia dei lavoratori) per aver firmato il «contratto capestro» con cui la sola Ugl sottoscriveva con Assodelivery il rinnovo dell’accordo nazionale sui rider che riportava al cottimo i pagamenti dei lavoratori che consegnano cibo. Il tutto assieme ad altri «contratti pirata» contestati da Cgil, Cisl e Uil. Quanto alle competenze in fatto di infortuni e quelle di capacità gestionale Capone non sembra averne molte. Anzi, anche lui come Durigon è rimasto invischiato nello scandalo dei appartamenti dell’istituto previdenziale Enpaia, comprati da sindacalisti con lauto sconto sul prezzo di mercato in quanto inquilini molto informati.