Cultura

All’Archivio centrale non può andare chi «elogiò» Rauti

All’Archivio centrale non può andare chi «elogiò» RautiPino Rauti

Il caso I responsabili delle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi di Bologna, Piazza Fontana e Piazza della Loggia, Paolo Bolognesi, Carlo Arnoldi e Manlio Milani invitano il premier Draghi a non ratificare la nomina di Andrea De Pasquale al vertice dell’Archivio centrale dello Stato, decisione assunta dal ministro Franceschini. Da direttore della Biblioteca nazionale fu protagonista della vicenda del «fondo Rauti»: definì il fondatore di Ordine Nuovo «tanto attivo e creativo, quanto riflessivo e critico»

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 19 agosto 2021

«Un incarico così centrale per la trasparenza della nostra democrazia (non va) affidato a una persona che ha sicuramente i titoli, ma non la visione e lo spessore che dovrebbe caratterizzarne il ruolo». L’altolà è esplicito: quella nomina non s’ha da fare. A chiederlo sono Paolo Bolognesi, Carlo Arnoldi e Manlio Milani, rispettivamente alla testa delle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi di Bologna, Piazza Fontana e Piazza della Loggia che invitano il premier Draghi a non ratificare la nomina di Andrea De Pasquale al vertice dell’Archivio centrale dello Stato, decisione assunta dal ministro della cultura Franceschini.

IL MOTIVO? Che lo stesso De Pasquale, all’epoca direttore della Biblioteca nazionale di Roma, nel novembre del 2020 aveva annunciato l’acquisizione del «fondo Rauti», l’archivio e la biblioteca personali del fondatore di Ordine Nuovo, curato dai famigliari – la figlia Isabella è oggi parlamentare di Fratelli d’Italia – con toni a dir poco sorprendenti. Nella mail che presentava l’iniziativa De Pasquale definiva infatti Pino Rauti come «uno dei personaggi chiave della Storia della Destra in Italia: organizzatore, pensatore, studioso, giornalista, deputato dal 1972 al 1992. Tanto attivo e creativo, quanto riflessivo e critico». Seguiva un brano in cui lo stesso Rauti, scomparso nel 2012, parlava di quei materiali come di «una fonte di informazione politica di prim’ordine e anche un valido punto di riferimento di natura culturale».

VALUTAZIONI SBALORDITIVE per una figura che dalla militanza nei Fasci d’Azione Rivoluzionaria, passando per la cerchia del filosofo razzista Julius Evola, fino al coinvolgimento nelle indagini sulla Strategia della tensione, ha contribuito a dare corpo alle ombre nere che hanno gravato sulla Repubblica. All’epoca la scelta e i toni dei vertici nella Biblioteca nazionale furono oggetto di aspre polemiche e un appello ospitato anche su queste pagine chiese le dimissioni di De Pasquale. Anche Franceschini si rese conto della gravità dell’accaduto tanto da far rimuovere la pagina «celebrativa» dal sito istituzionale beniculturali.it. Ora però quel precedente torna a pesare di fronte alla nomina di De Pasquale come Sovrintendente dell’Archivio centrale, uno degli organismi cui spetta la corretta attuazione della «direttiva Renzi» che ha stabilito la desecretazione delle carte relative a stragi e attentati. «Un ruolo – quello della guida dell’Archivio – che richiede una spiccata sensibilità costituzionale e una coraggiosa autonomia rispetto alle numerose pressioni politiche che possono ostare all’attuazione dell’iniziativa», ha scritto Bolognesi nella sua lettera al presidente del Consiglio, sottolineando come nel caso del «fondo Rauti» fosse invece mancata «una qualunque forma di contestualizzazione storico-critica» di quel «personaggio a dir poco controverso del neofascismo italiano».

A SOSTEGNO dell’iniziativa dei familiari delle vittime delle stragi sono intervenuti Pierluigi Bersani e Mario Perantoni (M5S), presidente della commissione Giustizia della Camera, che ha definito «assolutamente inopportuna» la nomina di De Pasquale, chiedendo a Franceschini di ripensarci. gu. ca.

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