Il prossimo 16 dicembre, a inaugurare al Maxxi la grande mostra su Bob Dylan e le sue erratiche geografie culturali che comprendono le arti visive ci sarà il nuovo presidente: Alessandro Giuli, volto noto come opinionista nei talk (è ospite «meloniano» quasi fisso a Otto e mezzo), oggi editorialista di Libero dopo aver iniziato la sua carriera sotto l’egida di Ferrara al Foglio, di cui divenne anche condirettore. In tv, ha alle spalle l’infelice Seconda linea: nata nel 2020 per la prima serata del giovedì su Raidue – dove il neoministro Sangiuliano, che lo ha voluto fortemente al Maxxi, dirigeva il Tg2 – la trasmissione cercava di sdoganare istanze sovraniste, ma ha retto solo due puntate.

Quarantasette anni, una gioventù da militante di Meridiano Zero, laureato in filosofia, di formazione tradizionalista ed evoliano, Giuli ha al suo attivo un libro come Il passo delle oche. L’identità irrisolta dei postfascisti (Einaudi) in cui analizzava, da posizioni di destra, i contorcimenti politici, antropologici (ed estetici) del passaggio dal Movimento sociale a Alleanza nazionale, e una passione per culti e riti dell’Italia antica. Li ha approfonditi in un volume su Cibele uscito con Settimo Sigillo (la casa editrice iperidentitaria già legata a Pino Rauti) e nel programma Vitalia, incentrato sulla ricerca delle radici pre-cristiane. Negli ultimi tempi, ha collaborato molto con la fondazione Med-Or, braccio diplomatico di Leonardo (che vende armi in tutto il mondo).

Giuli subentra così in quota Meloni a Giovanna Melandri, che per dieci anni è stata la presidente del Museo nazionale delle arti del XXI secolo. Melandri ha salutato tutti ieri in conferenza stampa, tracciando un bilancio definito positivo («affidiamo a Giuli un piccolo gioiello che ha bisogno di cure e dedizione») e ricordando l’intelligenza collettiva di un luogo abitato da più di cento persone che ci lavorano. Nessun consiglio per il neo-nominato, anzi uno sì. «Lasciamo alla futura nuova governance il tema di non chiudere Casa Balla» (l’appartamento futurista di via Oslavia, rimasto chiuso per trent’anni e ora visitabile, ndr).

Intanto, i rumors del mondo dell’arte indicano Luca Beatrice come prossimo direttore. Docente, critico e curatore di mostre (anche del padiglione Italia alla Biennale del 2009, sotto il governo Berlusconi IV), con una predilezione per il Futurismo, articolista spregiudicato de Il Giornale, poco tempo fa non ha lesinato critiche a Melandri definendola una figura «autocratica», forse preparandosi al ruolo che cominciava ad aleggiare intorno a lui. Ma il Maxxi è una macchina complessa: in previsione, va ingigantendosi ancora di più, con la cessione di una serie di aree di proprietà del ministero della Difesa e un investimento cospicuo tra i 37 ai 42 milioni di euro. Ci sono i vincitori e i lavori pianificati, dal 2023 al 2026. Sulla carta.