Tra gli «affari correnti» del governo Draghi c’è anche l’invio di armi all’Ucraina. Ieri il ministro della difesa Lorenzo Guerini ha presentato al Copasir il quinto decreto interministeriale sulla «cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari».

Il presidente dell’organismo parlamentare di controllo Adolfo Urso ha sancito la coerenza del decreto con il testo votato dal Parlamento ormai sette mesi fa, all’indomani della guerra. Sulla stessa linea si muove Giorgia Meloni, che giusto ieri ha ricevuto una telefonata di ringraziamenti per l’appoggio dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky «a recarsi quanto prima a Kiev». Meloni gli ha confermato il suo «pieno sostegno alla causa della libertà del popolo ucraino». Zelensky si è detto «certo di poter contare su una proficua collaborazione con il prossimo governo italiano» e fa sapere di aver discusso di ulteriori sanzioni alla Russia. tra le quali il divieto «agli stati dell’Ue di rilasciare visti turistici ai cittadini russi».

L’ambasciata russa in Italia ha risposto via Twitter: «Le forniture di armi all’Ucraina non aiutano a risolvere il problema del caro-bollette» si legge nel messaggio postato dall’account ufficiale della sede diplomatica a Roma, che diffonde anche immagini di missili anti-carro e bombe da mortaio italiane finite all’esercito di Putin.

Come era successo per i decreti interministeriali precedenti, non è dato conoscere l’elenco degli armamenti che le invierò sul fronte ucraino. Guerini è stato ricevuto a Kiev lo scorso 22 settembre dal presidente Volodymyr Zelensky e ha incontrato il suo omologo Oleksii Reznikov, che gli ha spiegato le esigenze dell’Ucraina, sulla base delle quali lo Stato maggiore della Difesa avrebbe compilato la lista allegata al decreto.

Intanto da Giuseppe Conte arriva l’idea di una mobilitazione nazionale per la pace. Il leader del Movimento 5 Stelle parlando con Avvenire auspica che «cittadini che vivono con preoccupazione l’escalation militare in corso possano ritrovarsi a manifestare per invocare una svolta negoziale che ponga fine al conflitto». Inoltre, contesta «l’ossessione di una ipotetica vittoria militare sulla Russia, che nel frattempo continua nella sua efferata e ingiustificabile politica di aggressione». Ma ciò «non vale il rischio di un’escalation anche con ricorso all’utilizzo di armi nucleari e non convenzionali e di affrontare una severa depressione economica da cui sarà difficile uscire».

L’ex premier immagina una manifestazione «senza bandiere» e si dice certo che l’iniziativa non indebolirebbe la posizione internazionale dell’Italia: «Al contrario, rafforzerebbe il protagonismo dell’Italia sulla strada della diplomazia, coinvolgendo gli altri partner dell’Unione europea e uscendo da questa situazione in cui l’Europa risulta ’non pervenuta’, in quanto totalmente appiattita su una strategia anglo-americana».