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Ágnes Heller: «Il sistema Orbán è in fase di declino»

Ágnes Heller: «Il sistema Orbán è in fase di declino»Budapest il palco allestito per il premier Viktor Orbán durante le celebrazioni della rivoluzione del 1848; sotto Ágnes Heller – LaPresse

Intervista Il premier verso il suo terzo mandato, «ma in questi quattro anni ha perso molto e ora i partiti dell’opposizione potrebbero sfruttare questa occasione», parla la filosofa ungherese

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 8 aprile 2018

Filosofa, allieva di György Lukács e in seguito sua assistente universitaria e collaboratrice, Ágnes Heller è stata una delle principali esponenti della «Scuola di Budapest». Nata nel 1929 nella capitale ungherese, scampata alla Shoah, è oggi una delle voci critiche nei confronti del sistema di Viktor Orbán. Heller è nota in occidente per la teoria dei bisogni radicali e della rivoluzione della vita quotidiana e per aver dato luogo a una lettura del marxismo dal punto di vista antropologico e antieconomicista. La teoria dei bisogni in Marx, 1974, La filosofia radicale, 1978, e Filosofia morale, 1990, sono tra le sue opere tradotte in italiano.

 

Facciamo un bilancio di questi ultimi anni di governo.

Negli ultimi quattro anni il governo si è occupato di concentrare il potere nelle sue mani. E di esercitare soprattutto il controllo delle manifestazioni di dissenso. In pratica ha cercato di annientare l’opposizione. Basta considerare il discorso di Orbán dello scorso 15 marzo (festa nazionale, ndr) in cui parlava di repressione contro quanti lo avversano, contro i partiti e le organizzazioni della società civile che si oppongono alla sua politica, contro gli organizzatori delle manifestazioni antigovernative e contro i giornalisti che lo criticano. Gli ha promesso ritorsioni. La situazione è peggiorata, non c’è stata libertà di stampa, che è stata progressivamente limitata. Inoltre la propaganda governativa mente al 100%, un po’ come quattro anni fa quando il governo ha promesso la riduzione dei costi delle utenze.

Soprattutto negli ultimi tre anni il governo ha battuto molto sulla questione migranti.

Sì, e oggi Orbán dice che l’opposizione vuole portare in Ungheria milioni di migranti, sopprimere la specificità culturale del paese e la sua identità cristiana. Non c’è niente di vero in ciò che il governo attribuisce all’opposizione in questo senso, ossia aprire le porte del paese a tutti: agli africani, a tutti i migranti, invitarli a entrare in Ungheria in modo indiscriminato e mettere a loro disposizione una casa, un posto in cui stare a titolo gratuito. Questo è oggi l’aspetto centrale della propaganda governativa.

L’altro tema della propaganda orbaniana è quello riguardante la figura di George Soros.

Il tema è legato a quello dei migranti e fa capo allo stesso meccanismo. Per il governo, Soros è colui il quale organizza tutte queste macchinazioni ai danni del paese. Quello che muove i fili dietro i partiti dell’opposizione che secondo il governo non rappresentano l’Ungheria e fanno piuttosto gli interessi di una congiura internazionale. Secondo l’esecutivo, Soros coordina questa congiura, è il ragno che cattura tutti nella sua tela. Il governo Orbán gioca il ruolo del difensore del paese da tutti i pericoli esterni e quindi anche da Soros. Quest’ultimo è una figura mitologica, è Mefisto, Lucifero, è il diavolo che tenta tutti e vorrebbe fare la stessa cosa anche con l’Ungheria per distruggerla. Solo Viktor Orbán si erge in difesa del paese, solo lui può proteggerlo da queste minacce. Questa è più o meno la narrazione governativa.

L’opposizione lancia al governo accuse di corruzione.

Credo che corruzione sia il termine sbagliato. Corruzione è quando un uomo d’affari paga un rappresentante del governo. Quando la politica influenza l’economia. Quando il mondo degli affari condiziona la politica. Quella è la corruzione. In Ungheria non avviene esattamente questo, quindi a mio avviso non si può parlare, tecnicamente, di corruzione. Esiste un partito, questo partito crea l’oligarchia ungherese i cui membri prendono soldi, hanno una fetta di potere e contemporaneamente si assumono l’impegno di rimanere fedeli al partito e hanno il compito di sostenerlo. Fanno capo a Viktor Orbán ed è come se fossero membri di una stessa famiglia. Questo sistema viene chiamato da alcuni «stato-mafia», è forse una buona definizione. Potremmo anche parlare di feudalesimo, con un signore che premia i suoi sottoposti con i latifondi. Sono cose che accadono all’interno di un circuito legale. Il 20-30% dei fondi ricevuti dall’Unione europea viene intascato dal governo e dalle persone a esso vicine, sempre con questo sistema.

Come vede l’opposizione?

L’opposizione potrebbe vincere queste elezioni se avesse la generosità e il buon senso di essere meno divisa e litigiosa. Nel 2014 il Fidesz era in minoranza e comunque ha ottenuto la maggioranza dei due terzi. Tutto si complica se l’opposizione non crea una struttura con un solo candidato e se i vari partiti che la compongono continuano a sollevare dubbi e ad alimentare la sfiducia dell’elettorato nei confronti di altre forze politiche ugualmente contrarie al governo. Forse gli elettori sono più intelligenti dei partiti e sanno meglio di loro di cosa ha bisogno il paese. Ma è anche vero che molti non sono interessati alla destra o alla sinistra, e capita che mettano solo una x su un simbolo senza considerare la responsabilità del loro gesto.

Cosa pensa dei partiti Momentum e il Partito del Cane a Due Code?

Momentum è un partito di giovani, molti dei quali hanno completato i loro studi all’estero. Inizialmente, da fuori, non avevano idea di cosa succedesse in Ungheria, ora cominciano pian piano a capire come stanno le cose e a rendersi conto che all’estero non si comprende bene che cosa succede in questo paese. Adesso iniziano a occuparsene e a fare politica in modo rispettabile. Quello del Cane a due code è un partito ironico, lo voteranno quelli che non credono più in nessuna delle forze politiche concorrenti, quelli per i quali tutto è marcio, ma di certo non entrerà in Parlamento.

Jobbik ha deciso di cambiare un po’ identità o abito.

Jobbik è cambiato molto e sta facendo un percorso inverso a quello di Fidesz. Quest’ultimo, infatti, era un partito liberale, poi è diventato di destra e ora è di estrema destra, con il razzismo e con tutto ciò che caratterizza la destra radicale. Jobbik ha iniziato nell’estrema destra, ma poi ha visto che lì non c’è più posto in quanto tutto quello spazio è stato occupato dal Fidesz. Da qualche parte Jobbik doveva cercare collocazione. Dove? Solo al centro. Ora in Ungheria non c’è un partito della destra moderata o di centro-destra, dato il cambiamento del Fidesz, quindi Jobbik ha approfittato di uno spazio lasciato vuoto. Al centro ha visto la sua occasione migliore.

C’è chi dice che per Orbán è iniziata una fase declinante. È una visione semplicemente ottimistica o fondata?

Secondo me non è una visione ottimistica, è un dato di fatto. Ormai nei suoi discorsi parla solo di questo milione di migranti pronto all’invasione. Non sa che altro dire. Ora l’opposizione potrebbe approfittare della situazione. Quattro anni fa non era così, non si poteva parlare di declino. Ora però la situazione è cambiata, Orbán ha perso molta della sicurezza che aveva prima e i partiti dell’opposizione potrebbero sfruttare questa occasione.

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