Addio ad Anibal Quijano, sociologo accanto agli ultimi
RITRATTI Due giorni fa è scomparso l'intellettuale peruviano interprete del lato oscuro della modernità
RITRATTI Due giorni fa è scomparso l'intellettuale peruviano interprete del lato oscuro della modernità
Anibal Quijano, uno dei principali sociologi latinoamericani, conosciuto per gli studi su José Carlos Mariátegui, sulle teorie della dipendenza e dell’imperialismo e sul rapporto tra modernità e colonialità, è morto due giorni fa. Nato in Perù, a Yanama, una piccola città a 800 km dalla capitale, è stato professore presso l’Università di Binghmanton negli Stati Uniti, direttore del Centro de Investigaciones Sociales di Lima e responsabile, nella stessa città, della Cattedra America Latina e colonialità del potere dell’Università Ricardo Palma. Ha insegnato in decine di università nel mondo, tra cui la Columbia University, la Ucla di Berkeley, la Universidad Autónoma de México, e ha conseguito il titolo di Dottore honoris causa in diversi atenei in Centro e Sud America.
QUIJANO ha guardato il mondo, i suoi rapporti di forza, la sua storia moderna dal lato di chi in questa storia e in quei rapporti di forza ha dovuto resistere per non morire, fisicamente e culturalmente. Il suo contributo è stato fondamentale per costruire l’analisi storica e sociale dal punto di vista di quelle popolazioni per le quali la modernità è iniziata non con la scoperta dell’America ma con la Conquista spagnola, divenendo, così, colonia e, quindi, colonizzati, indios, inferiori, non umani.
Nella sua produzione, molto ampia, iniziata negli anni ’50, in parte riassunta nella raccolta di 28 articoli Cuestiones y horizontes. De la Dependencia Històrico-Estructural a la Colonialidad/Descolonialidad del Poder, pubblicata da Clacso nel 2014, accessibile in internet, la questione dei rapporti tra aree centrali e periferie del mondo è stata centrale, contribuendo, anche in collaborazione con Immanuel Wallerstein, all’elaborazione della teoria del sistema-mondo.
Ma ad essere determinante, non solo nella sua vita intellettuale, ma per tutto il dibattito sulla storia dell’America Latina e, più ampiamente, per le analisi sui rapporti di potere, è stata l’elaborazione della categoria di colonialità del potere.
SEBBENE essa sia stata presente sotto traccia in tutta la sua produzione, e sicuramente dagli anni ’70, la parola «colonialità» appare per la prima volta in un testo del 1991, pubblicato nel numero 29 della rivista «Perú Indígena», dal titolo Colonialidad y Modernidad/Racionalidad, dove la colonialità si definisce come «l’imposizione di una classificazione razziale/etnica della popolazione del mondo», che funziona come elemento costitutivo e specifico del modello mondiale di potere capitalistico, attivo in ogni ambito della vita, quotidiana e societaria. ù
Una vita di studi e impegno, dunque, quella di Anibal Quijano, dedicata a comprendere il lato oscuro della modernità, la colonialità del potere come principio di assoggettamento gerarchico globale, ma anche a capire come superarlo, sprigionando le forze antirazziste della liberazione, in continuità con elaborazioni precedenti e contemporanee, tra cui quelle di W.E.B. Du Bois, Frantz Fanon, Angela Davis, Silvia Rivera Cusicanqui e quelle sviluppate nell’ambito del gruppo Modernidad/colonialidad.
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