Ieri ad Atene ha abbandonato il nostro mondo all’età di 89 anni lo scrittore greco Vassilis Vassilikos. Una grande perdita per la cultura greca ed europea ma anche un profondo dolore dentro di me per la perdita di un prezioso amico.

Era uno degli autori greci più conosciuti in Italia (parecchie volte intervistato da il manifesto), tradotto in quasi tutte le lingue del mondo, oltre trenta in totale, con una nutritissima collezione di riconoscimenti e premi da Parigi a New York fino all’Unesco, dove per otto anni è stato ambasciatore della Grecia. La sua nomina era stata una scelta saggia da parte dell’allora governo socialista, visto che proprio l’Unesco aveva definito Vassilikos uno dei dieci scrittori più tradotti nel mondo. Il regalo precedente del leader socialista Andreas Papandreou era stato nominare Vassilikos, laureato in regia a Yale e che aveva lavorato in numerosi film, documentari e serie tv, direttore generale della radio televisione pubblica greca Ert.

PIÙ TARDI, all’inizio del secolo, quando era finito l’incarico all’Unesco di Parigi, Vassilikos si era trasferito a Roma e ci incontravamo quasi ogni giorno in centro, all’Hotel Bologna, che non esiste più. Mi prendeva in giro e mi diceva che all’Ert aveva censurato molte volte le mie corrispondenze dall’Italia. Ma io sapevo che aveva fatto esattamente il contrario. Spesso il direttore del Tg non capiva il senso e l’importanza della notizia contenuta nella mia corrispondenza e, del tutto casualmente, Vassilikos passeggiava nei corridoi spiegandone la rilevanza e chiedendo ingenuamente se il Tg avesse una corrispondenza sull’argomento. A Roma ci scambiavamo battute feroci contro il nuovo leader socialista, Kostas Simitis, che era un neoliberista di destra, secondo lo scrittore un «incapace, ignorante ma ben foraggiato dagli oligarchi greci e da Berlino che poneva severissime condizioni per l’ingresso della Grecia nell’eurozona».

Vassilikos è stato un autore che si è sempre mosso tra letteratura e giornalismo. La sua opera più famosa, Zeta, l’orgia del potere che poi, sotto i colonnelli, il regista Costa Gavras trasformò in un film (vinse anche l’Oscar), era il racconto scorrevole e dettagliato dell’assassinio del deputato della sinistra Grigoris Lambrakis, organizzato e compiuto dalla destra al potere.

Nel 1963 il romanzo di Vassilikos era uscito nelle librerie ateniesi appena poche settimane dopo il delitto. Lo aveva scritto correndo sul luogo dell’omicidio accanto ai tre coraggiosi ed espertissimi giornalisti d’inchiesta che riuscirono a dimostrare che non si trattava di un incidente stradale, come sosteneva il governo, ma era un assassinio politico organizzato dalla destra e dalla corte reale. Loro scrivevano gli articoli, Vassilikos il romanzo, da lui definito «il documentario fantasioso di un delitto».

Ha fatto parecchie volte lo stesso gioco saltando dalla letteratura al giornalismo. Lo ha fatto clamorosamente quando ha scritto due volumi sul processo contro il premier Papandreou, accusato di corruzione, con il primo volume denso di elementi di prova portati dall’accusa e il secondo con quelli della difesa, per concludere il racconto con l’innocenza del leader socialista, anticipando la sentenza assolutoria del tribunale.

MI HA RACCONTATO un’altra storia tra il ridicolo e lo scandaloso. Secondo gli agenti greco-americani della Cia in Grecia, lui era sospettato di essere il leader del gruppo terroristico 17 Novembre. E questo perché gli agenti semianalfabeti avevano notato che il gruppo armato usava nei suoi documenti la parola «espropriazione» che, secondo loro, era usata di frequente anche dallo scrittore. Vassilikos era fuori di sé: «Io non ho mai usato la parola espropriazione. Caso mai alienazione! (in greco il suono delle due parole è molto simile). Ma vai a spiegare la differenza a questi ignoranti!». Voleva anche scrivere un romanzo proprio sul terrorismo greco della 17 novembre e mi chiedeva informazioni sulle Brigate Rosse ma io lo scoraggiavo dicendo che le due organizzazioni non avevano nulla in comune, oltre all’uso delle armi. Quelli della 17 novembre, gli dicevo, volevano fare con la violenza quello che non hanno fatto i governi democratici dopo i colonnelli. Punire cioè la giunta militare per i suoi numerosissimi delitti. Le Br rappresentavano invece, forse, un tentativo di insurrezione. Non so se l’ho convinto ma alla fine il libro non lo ha scritto. Per fortuna, altrimenti chissà cosa avrebbe capito la Cia, oppure abbiamo forse perduto una grande opera letteraria sul fenomeno della lotta armata in Europa.

LE SUE OPERE sono centinaia, a cominciare dai suoi primi racconti, Il pozzo, la Foglia e Gli Angeli pubblicati nel 1961 quando lo scrittore era molto giovane e fu premiato. Quelle più riuscite e tradotte in tante lingue sono i romanzi che sembrano grandi reportage, in particolare quelli scritti sotto la dittatura dei colonnelli, tra gli altri rifugiati in Europa, descritti come uomini generosi e coraggiosi ma sempre provinciali, dalle corte vedute, eternamente ancorati al passato ed alle pessime abitudini che accompagnano la povertà.

Anche la terribile crisi economica che ha colpito la Grecia nel decennio scorso aveva attirato l’attenzione di Vassilikos che nel frattempo aveva lasciato Roma per trasferirsi ad Atene con la moglie, la soprano Vasso Papantoniou, e la figlia Euridice. Mi ricordo le sue interviste nei media italiani, anche al manifesto, nell’appassionato tentativo di convincere l’opinione pubblica europea che la politica economica dell’eurozona era disastrosa. Tagliati i rapporti con i socialisti del Pasok, Vassilikos si candidò con Syriza alle elezioni del 2015. Syriza le vinse e Tsipras era diventato premier ma Vassilikos non riuscì a farsi eleggere. Ci riuscì nel 2019 sempre candidato con Syriza. Oltre alle attività parlamentari, dava lezioni di scrittura creativa all’ università di Atene.

L’ULTIMA VOLTA che l’ho incontrato è stato l’anno scorso in una bella manifestazione dell’Istituto di Cultura Italiano di Atene. Era apparso piuttosto stanco, parlava con difficoltà ed alla fine si era affrettato a tornare a casa accompagnato dalla simpaticissima Vasso. Malgrado la stanchezza e la sofferenza ha fatto un intervento brillante sull’Europa e la migrazione. Forse è stato il suo ultimo intervento in pubblico.