È morto all’età di 94 anni il fisico britannico e premio Nobel Peter Higgs. Ha legato il suo nome a una particella detta «bosone» che, interagendo con quark ed elettroni, fornisce loro la massa. Il cosiddetto «meccanismo di Higgs» fu teorizzato per la prima volta nel 1964 dal fisico britannico e, contemporaneamente e in maniera indipendente, da diversi altri gruppi di ricerca. Nel 2013, tuttavia, la giuria del Nobel decise di assegnare il premio solo a Higgs e al belga François Englert. Lo stesso Higgs segnalò che altri candidati, come Tom Kibble, avrebbero dovuto condividere il riconoscimento.

Il premio arrivava quasi mezzo secolo dopo la prima formulazione della teoria. Per molti annni quella di Higgs rimase solo un’idea priva di conferme sperimentali, benché assai accreditata dalla comunità scientifica. L’anno della svolta fu il 2012: fu allora che due collaborazioni di ricerca denominate ATLAS e CMS scoprirono il bosone di Higgs, fornendo una verifica empirica alla teoria e aprendo la strada al Nobel.

Per realizzare la scoperta del bosone di Higgs il Cern aveva costruito a Ginevra un apposito acceleratore di particelle lungo 27 km: un tunnel sotterraneo in cui si scontrano protoni, le particelle positive presenti nel nucleo degli atomi, a velocità prossime a quelle della luce. Nelle collisioni ad alta energia i protoni danno vita ad altre particelle. L’energia elevata serve a generare un numero di bosoni di Higgs – un evento estremamente raro – sufficiente a dare affidabilità statistica alla scoperta.

Il Cern attualmente pianifica la costruzione di un acceleratore ancora più grande – un anello lungo quasi cento chilometri – per realizzare una cosiddetta «Higgs factory», cioè una «fabbrica di bosoni di Higgs» con cui studiare in ancora maggior dettaglio la particella. Rimane infatti da scoprire se si tratti di una particella elementare o se a sua volta non sia composta da altre particelle più piccole.

Higgs ha dedicato la carriera a teorie prive di utilità commerciale e che hanno potuto essere verificate solo a molti decenni di distanza. Oggi è considerato un simbolo di una fisica romantica che non esiste più, schiacciata dalla competizione tra scienziati a caccia di finanziamenti e pubblicazioni scientifiche di successo. «Nel clima attuale difficilmente avrei la tranquillità necessaria per fare ciò che feci nel 1964» disse in un’intervista in occasione del Nobel. «Oggi non otterrei un lavoro in ambito accademico perché non sarei ritenuto abbastanza produttivo». La prima candidatura al Nobel nel 1980 in effetti lo salvò da un probabile licenziamento. Raccontò lo stesso Higgs che i vertici dell’università di Edimburgo, dove lavorò per quasi quarant’anni, esitarono: «potrebbe vincere il Nobel» fu la frase riferita anni dopo a Higgs. «Se non lo vince, potremo sempre sbarazzarcene più tardi».

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Oltre alla bassa produttività – non è facile produrre in serie scoperte fondamentali del livello del bosone di Higgs – il fisico pagava il contrasto con la direzione dell’ateneo per ragioni simili a quelle che oggi agitano le università italiane. Nel 1970 l’università di Edimburgo fu scossa delle proteste degli studenti per la complicità dell’università con le aziende sudafricane complici dell’apartheid. L’allora rettore Michael Swann chiese l’intervento della polizia per reprimere le manifestazioni, mentre Higgs prese le difese degli studenti. Non fu l’unica battaglia politica a cui partecipò, pur mantenendo una notevole autonomia di giudizio. Higgs solidarizzava con la causa palestinese e si opponeva pubblicamente alle politiche del governo israeliano.

Nel 2004 non ritirò il premio Wolf, il riconoscimento assegnato a Gerusalemme e ritenuto il più prestigioso dopo il Nobel, pur di non incontrare il presidente israeliano Moshe Katsav invitato alla cerimonia. Fu un iscritto attivo del sindacato dei docenti universitari e un militante pacifista della «Campagna per il disarmo nucleare», da cui si allontanò non condividendo la lotta contro il nucleare civile. Rimase anche iscritto a Greenpeace finché l’organizzazione non si oppose agli organismi geneticamente modificati. Nel 1999 rifiutò la nomina a baronetto della regina, dichiarando che «il sistema onorifico è utilizzato a scopo politico dal governo in carica».

Ateo dichiarato ma aperto, Higgs criticava altri intellettuali laici come il biologo Richard Dawkins, ritenendolo un «fondamentalista dell’ateismo». Nel 1993 il fisico e premio Nobel Leon Lederman e il giornalista Dick Teresi dedicarono un saggio al bosone di Higgs, e scelsero il titolo «The goddamn particle», «La particella maledetta». All’editore non piacque e lo cambiò in «La particella di Dio». Da allora divenne il soprannome del bosone misterioso e Higgs non lo apprezzò mai: «nonostante non sia credente – disse – temo che qualcuno si possa offendere».

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