Addio a Maurizio Scaparro, grande cerimoniere e inventore culturale
Personaggi Morto a 92 anni. È stato l’ultimo personaggio di quel gruppo che fece nascere il teatro pubblico e la moderna regia in Italia
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Il teatro? Un luogo da riconquistareAVEVA COMPIUTO da poco 90 anni, soffriva le limitazioni della malattia, ma rimaneva lucido e divertente. Ha dato molto al teatro e al pubblico italiano (e non solo). Aveva iniziato facendo il critico teatrale per l’Avanti, ma al di là degli spettacoli, moltissimi, che ha poi realizzato in quasi sessant’anni di lavoro, sicuramente resta di lui la figura, quasi unica al suo livello, di grande organizzatore e inventore di eventi culturali, che hanno fatto storia e costume per tutto il nostro paese. Primo tra tutti il gran ritorno del Carnevale di Venezia, che dal 1980 era risorto, con lui direttore della Biennale teatro, ai fasti del tempo dei dogi.
Smessi i panni del critico,aveva cominciato a fare teatro a cavallo tra i ’50 e i ’60, avventuroso ma ben determinato, deciso a rinnovare presenze e repertori. Un racconto irresistibile da parte delle interessate riguardava un allestimento da lui firmato delle nuove e «scandalose» Serve di Genet. Protagoniste due giovani attrici, oggi purtroppo scomparse, di grande avvenire: Anna Maria Gherardi e Piera Degli Esposti. Nel ruolo finale di Madame doveva esserci Miranda Martino, l’unica a quei tempi a possedere una Seicento: i racconti sull’ensemble che così si spostava in tournée rimangono mitici.
POI SCAPARRO ha fatto moltissime altre regie, col merito fisso di una scelta oculata e meritoria dei testi: la grande tradizione italiana e le nuove scritture dall’estero. Uno dei primi spettacoli fu con Gassman: e la scelta degli attori è rimasta una bella abitudine, per tutta la sua carriera, con invenzioni clamorose. Come quando a fine anni 80 portò Giorgio Albertazzi al trionfo quale imperatore protagonista delle Memorie di Adriano, dentro la villa meravigliosa che ne porta il nome sulla via Tiburtina. Non c’era a quel debutto l’autrice, morta pochi anni prima nel suo buen retiro di Acadia. Per certo però era stata presente, il primo o secondo anno, al Carnevale di Scaparro, provocando grandi batticuori a chi leggeva in quel momento il romanzo che Einaudi aveva appena ripubblicato.
Ho sempre sentito il bisogno di aprire il rapporto ristretto che esiste tra platea e palcoscenico. Mi sono sempre sentito figlio di quei teatranti che non hanno mai voluto isolarsi.
Il Carnevale del teatro fu dunque la più grande invenzione, culturale e civile, del regista. Spostando la rassegna teatrale della Biennale in quel periodo, diede a Venezia un rilancio mondiale, una ressa di spettatori, e soprattutto di turisti in maschera, che la città faticò non poco a reggere. Spettacoli a ripetizione e di ogni tipo, ma maschere e mascarette a tutte le ore, portando per la prima volta i ponti sui canali al senso unico alternato, ma ovviamente di pedoni! Un’atmosfera di sogno, e di scherzi e di curiosità, innanzitutto teatrali, e non solo. Una soprattutto, che rimane la mitica «copertina» di quei festival: il Teatro del mondo che il genio di Aldo Rossi disegnò e mise in acqua (non solo parcheggiato con all’interno il suo palcoscenico, ma in grado di muoversi per l’Adriatico), con la sua torre e i suoi colori che rendevano emozionante ogni rappresentazione, anche quando lo spettacolo fosse stato modesto.
QUELLA GENIALITÀ nell’organizzazione di cultura, Scaparro non l’ha poi mai persa. Dopo l’invenzione del Carnevale (che la Biennale ha festeggiato con una bella mostra l’anno scorso, Il carnevale squarcia la nebbia proprio in occasione del novantesimo compleanno del regista), prese la direzione del Teatro di Roma, e va ricordato che nonostante le diversità di gusto, l’assessore Nicolini riconosceva di aver lavorato bene di concerto con lui come con pochi altri.
Altri appuntamenti internazionali seguirono, come il festival alla Expò Siviglia nel 1992 per il cinquecentenario delle caravelle di Colombo, e l’ancor più clamoroso Theatre des italiens che promosse e realizzò a Parigi, sempre negli anni 90, riuscendo a convincere Claudia Cardinale a salire in scena, ambigua e fatale Venexiana. Poi tornò alla Biennale, insomma non si risparmiò mai, con una battuta in romanesco sempre capace di sanare i dissidi. Un grande organizzatore e inventore di cultura, che sapeva sempre porgere con il buonsenso e un sorriso. Ora il suo archivio è conservato proprio a Venezia presso la fondazione Giorgio Cini. Domani a Roma, al Teatro Argentina, l’ultimo saluto con la camera ardente aperta dalle 9 alle 14.
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