Addio a Franca Sozzani, il gusto creativo della moda
Fashion Alla guida per 28 anni di «Vogue» Italia, ha saputo col suo giornale creare tendenza e analizzare i vizi delle mode
Fashion Alla guida per 28 anni di «Vogue» Italia, ha saputo col suo giornale creare tendenza e analizzare i vizi delle mode
Non è stata una serata neutra quella all’ultima Mostra del Cinema di Venezia alla presentazione di «Franca. Chaos and Creation», il film che Francesco Carrozzini, fotografo e cineasta, ha dedicato a sua madre Franca Sozzani, da 28 anni direttore di Vogue Italia. Chi sapeva che da un anno non stava bene, l’ha preso come un testamento, chi non lo sapeva ne ha visto una celebrazione. E invece era una dichiarazione di amore filiale, un modo per dirsi che si può essere uniti anche stando lontani, anche se la mamma è una delle donne più importanti della moda internazionale e il tempo da dedicare al figlio, che intanto cresce, è sempre meno.
Forse, il «Chaos» del titolo era la parola sviante, perché portava il film in un territorio di disordine che, in realtà, nella vita di Franca era poco presente. Creation sì, era più adeguato, perché di creatività ce n’è sempre stata tanta. A partire dagli inizi. Figlia di un padre che l’ha voluta laureata in Lettere e Filosofia e poi l’ha vista, con non troppo piacere, lavorare nella moda.
Franca Sozzani è nata a Mantova e avrebbe compiuto 67 anni il prossimo 20 gennaio. A 25 anni va a lavorare come «assistente dell’assistente dell’assistente» a Vogue Bambini. Poi, il talento non la perdona: nel 1980 le affidano Lei, giornale di moda per donne giovani e tre anni dopo si inventa Per Lui, omologo maschile. Comincia a lavorare con i fotografi che diventeranno, da lì in poi, i mostri sacro della fotografia di moda, da Bruce Weber a Herb Ritts, e fonda un modo tutto suo, nuovo e coraggioso, per raccontare la moda per immagini. Non tutti accettano il suo modo di fare che sembra infrangere le regole in un ambiente che le regole dovrebbe non rispettarle per principio. Eppure, Franca sembra programmare il suo futuro molto bene: nel 1988 riesce a ottenere la direzione di Vogue ed esordisce con una copertina che dà il senso del suo programma, una modella con una camicia bianca.
La reazione scandalizzata del fashion system del tempo segna però il suo successo. Da allora, il suo Vogue spiazza il resto della stampa di moda italiana e, spesso, anche le edizioni internazionali dello stesso titolo. Negli anni, sarà la prima a fare una copertina con Naomi Campbell, prima modella di colore, operazione approfondita nel 2008 con un numero tutto realizzato con modelle di colore e dichiaratamente contro il razzismo. Ma il suo giornale sa anche analizzare i vizi delle mode. Come il servizio firmato da Steven Meisel e realizzato in una clinica di chirurgia estetica: molti la disapprovarono, ma lei stava raccontando un fenomeno molto diffuso.
Certo, la sua vicinanza al sistema le ha provocato molte critiche: ha imposto stilisti alle aziende e ha consigliato molti operatori del settore. Ma più che un commistione i suoi erano consigli. È stata anche l’unica italiana a diventare ambasciatrice dell’Onu per i problemi della fame del mondo e, nel 2013, è diventata presidente dello IEO di Umberto Veronesi, per il quale si prodigava in azioni di charity. Ora che è andata via, lascia un vuoto non facile da colmare.
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