Conosciuto essenzialmente come storico dell’economia d’impresa, Valerio Castronovo, deceduto all’età di ottantotto anni, è stato anche e soprattutto un accademico cresciuto intellettualmente come modernista e poi come giornalista. Solo successivamente ai suoi primi incarichi universitari, infatti, aggiunse anche l’ordinariato in storia contemporanea.

La sua vera passione, per buona parte della sua vita, rimase tuttavia lo studio dell’industria italiana, nella quale leggeva, in controluce, le dinamiche del potere novecentesco come anche la forma di organizzazione prevalente delle società di massa. In tale senso si inscrivono le molte opere che gli dedicò, a partire dalla biografia del fondatore della Fiat Giovanni Agnelli per arrivare ai moltissimi volumi sull’economia italiana e mondiale. Non a caso, la sua produzione bibliografica, che somma monografie a curatele, opere collettanee a saggi individuali, è impressionante, al limite del fluviale.

DI FATTO, non cessava mai di scrivere, condividendo questa attività quotidiana con la docenza, almeno fino a quando ebbe modo di insegnare, e l’impegno di giornalista culturale. Benché non amasse essere ritenuto tale, tuttavia, al netto delle sue tante ricerche, è stato soprattutto un divulgatore di temi di storia ed economia. Estraneo all’impianto marxista, tuttavia fu e rimase sempre un accanito studioso delle «strutture», ossia dell’ossatura delle produzioni materiali nelle società a sviluppo avanzato.

Il suo secolarismo intellettuale lo induceva a guardare con diffidenza, nel medesimo tempo, sia alle scuole dottrinali che all’impegno di farsi «maestro» accademico, costruendo intorno a sé una corte di discepoli. Da questo punto di vista mantenne quindi il suo profilo di autore solitario, dedito a redigere pagine su pagine, usando la penna anche in età recente, con l’immancabile sigaretta che pendeva dalla bocca o bruciava tra le dita ingiallite. L’apparente anacronismo non lo turbava più di tanto.

LE COLLABORAZIONI editoriali rimangono il suo punto di forza, posta la sua capacità di rendersi organizzatore di cultura nel mentre la comunicava ad un pubblico ben maggiore di quello strettamente accademico. Le innumerevoli opere uscite da editori, tra gli altri, come Einaudi, Laterza, Mondadori e Rizzoli testimoniano di questa attività incessante, che interruppe solo negli ultimi tempi, quando la salute si fece più precaria. In quanto pubblicista, collaborò ripetutamente con la Rai, oltre che per molte attività legate alla formazione e alla ricerca sul giornalismo.

La sua impronta intellettuale rimane comunque legata ad una generazione di storici, tra i quali Renzo De Felice e Pietro Scoppola, che da posizioni politiche e culturali tra di loro anche molto diverse hanno raccontato, pressoché in presa diretta, l’evoluzione dell’Italia dal fascismo agli anni più recenti. Così come, nel momento in cui la sua attenzione si è posata sull’analisi dei regimi politici così come dell’economia mondiale, ha cercato di dare forma e sostanza interpretativa ai processi di globalizzazione.