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Abu Mazen a Israele, vogliamo i nostri fondi senza tagli

Abu Mazen a Israele, vogliamo i nostri fondi senza tagliIl presidente palestinese Abu Mazen

Israele/Anp Il presidente palestinese non accetta i fondi decurtati da Israele della quota che comprende i sussidi per i prigionieri politici. L'instabilità finanziaria dell'Anp ora preoccupa anche Netanyahu

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 30 aprile 2019
Michele GiorgioGERUSALEMME

Il comunicato della presidenza palestinese diffuso ieri è perentorio: «Il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ribadisce la decisione di non ricevere i fondi fiscali tagliati da Israele, in particolare i fondi per le famiglie dei martiri e dei prigionieri…Inoltre sottolinea l’importanza dell’attuazione dell’accordo di riconciliazione con Hamas raggiunto al Cairo il 12 ottobre 2017». Se la riconciliazione tra Abu Mazen e il movimento islamico è fantapolitica, considerando la distanza tra le due parti, al contrario la fermezza sulla questione dei fondi tagliati da Israele appare ben più concreta. Lo dimostra la riunione che Benyamin Netanyahu ha avuto con il ministro del tesoro israeliano Moshe Kahlon sulla crescente instabilità finanziaria dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) a causa degli attacchi, politici ed economici, che subisce dal governo israeliano. Attacchi che si stanno rivelando un boomerang. Se da un lato la destra israeliana desidera il crollo dell’Anp che con la sua esistenza tiene in vita la moribonda idea dei “Due Stati” e di uno Stato palestinese in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, dall’altro la fine della limitata autonomia palestinese imporrebbe a Israele di farsi carico di milioni di persone sotto occupazione, dall’istruzione alla sanità, dal lavoro all’assistenza sociale. Senza dimenticare la fine della cooperazione di sicurezza che l’Anp mantiene, tra le proteste della popolazione palestinese, con i servizi israeliani.

«Israele – ha detto Abu Mazen – sta cercando con tutti i mezzi di legittimare i tagli ai nostri soldi, ma noi non lo accettiamo. Alla fine ci ridarà i nostri soldi secondo il nostro modo e non nel suo». Ha lasciato intendere che i sussidi ai detenuti politici e alle loro famiglie e a quelli dei palestinesi uccisi non saranno mai eliminati come vorrebbe Israele che considera “terrorismo” ogni forma di resistenza all’occupazione, anche non violenta e solo politica.

L’Anp vacilla nonostante gli aiuti promessi dalla Lega araba di 100 milioni di dollari al mese, colpita prima dai tagli punitivi di fondi Usa decisi da Trump di fronte al “no” dei palestinesi al riconoscimento americano di Gerusalemme come capitale di Israele e per aver messo fine al ruolo di mediazione Usa. E poi dall’appropriazione da parte del governo Netanyahu di 138 milioni di dollari – tasse e dazi doganali raccolti da Israele per conto dell’Anp sulla base degli accordi economici di Parigi – corrispondenti ai sussidi annuali che il governo palestinese garantisce ai prigionieri politici palestinesi e alle loro famiglie. Una mossa che l’Anp considera un’atto di “pirateria” al quale non intende dare legittimità.

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