Il 14 aprile 2021 sul Court Rainier III di Montecarlo, Jannik Sinner si preparava ad affrontare Novak Djokovic per la prima volta. Il nativo di San Candido aveva già subito qualche lezione da Rafa Nadal ma contava di fare meglio con l’altro dominatore di questa piccola porzione di millennio. A spingerlo a pensieri così arditi erano il talento dimostrato fino a quel punto e la giovane età.
Perse due set a zero. A fine partita, il ricordo era di un giocatore che aveva deluso se stesso. E questo è forse uno dei lati oscuri che si percepiscono nell’attuale numero otto del mondo. Perché se da una parte è positivo osservarsi e cercare di capire a che punto si è arrivati, quale direzione prendere e quale abbandonare, può accadere anche, in negativo, di scambiare le proprie ambizioni per l’avversario con il quale cimentarsi. E spesso, quelle ambizioni, sono più perfide dei giocatori al di là delle rete. Non hanno punti deboli, non si stancano, non si fanno sorprendere da una palla corta, non restano impalate su un ace o un dritto vincente.

È IL 5 LUGLIO 2022. Il Centre Court di Wimbledon è il teatro della seconda sfida. A prima vista, è un quarto di finale favorevole al campione di Belgrado. E, invece, in quei quindici mesi scarsi, l’italiano ha imparato parte della lezione. Va avanti due set e appare avviato a un’autentica impresa sportiva. La narrativa di quell’incontro cambia, in modo decisamente romanzato, quando Djokovic travestito da Travis Bickle, il celebre protagonista di Taxi Driver, si reca negli spogliatoi e parlandosi davanti allo specchio riconosce in quel riflesso il grande campione. È più probabile, pur se esteticamente meno avvincente, che Sinner avesse esaurito le energie mentali, prima ancora che fisiche, interpretando un match perfetto per sole due ore e poi precipitare nell’abisso. Il risultato è noto. Finì al quinto set con il serbo che mai rischiò concretamente di perdere.
Battere Djokovic, così come Nadal o Federer nel recente passato, è sempre stato qualcosa di tremendamente complicato. Lo dicono i risultati, il fatto che anche oltre i trentacinque anni questi tre campioni, paradossalmente, abbiano fatto pagare la lunga durata a contendenti più giovani di ben tre lustri.

SI ARRIVA così a ieri, il terzo atto. Il campo è lo stesso dello scorso anno, ma questa volta si tratta di una semifinale, cioè quel turno che Sinner non aveva mai raggiunto in uno Slam e che Djokovic, al contrario, ha disputato quarantasei volte (compreso questa) su settantaquattro partecipazioni. Al di là della storia che dà le vertigini, poi ogni match si gioca con quello che si possiede al momento. Con i colpi che permettono di realizzare il piano partita o con quelli che proprio quel giorno tradiscono il giocatore abbandonandolo in mezzo al campo.

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Djokovic e gli altri, le scommesse del tennis sull’erba londineseNel caso di Sinner, le speranze erano legate innanzitutto alla resa del servizio per prendere il comando delle operazioni, considerando l’abilità del serbo di rispondere in modo disarmante a battute che viaggiano sopra i duecento chilometri orari. E poi la tenuta del dritto, perché oltre a tutte le difficoltà, Djokovic è in grado di ribaltare il gioco a suo piacimento, soprattutto sul lato destro, quello più ostico per Sinner dopo scambi mediamente lunghi.

Nel primo set un brutto game iniziale dell’italiano apriva subito un piccolo squarcio che rimaneva tale nonostante le tre palle break che avrebbero potuto riportare la situazione in parità. Uno strappo dovuto proprio a una serie di errori col dritto. Il secondo parziale sembrava un copia e incolla di quello precedente. Ancora con Sinner che presto perdeva il servizio e che poi inseguiva vanamente sprecando qualche occasione, anche per una scarsa propensione a verticalizzare e avanzare verso la rete.
Sotto di due set, il terzo proponeva qualcosa di inedito. Sinner, sebbene con qualche patema, non perdeva il servizio e addirittura sul 5-4 aveva due possibilità almeno di allungare la partita a un quarto round. Niente da fare. Senza che Djokovic facesse qualcosa di speciale, era Sinner a mancare del cinismo necessario per ribaltare il corso degli eventi. E nel tie-break, una serie di errori abbastanza banali consegnavano la finale a un Djokovic che chiudeva in calando.
Ora a cercare di impedire al campione serbo di eguagliare gli otto successi di Federer, lo spagnolo Carlos Alcaraz che ha travolto il russo Daniil Medvedev in tre set. Dunque, domenica si terrà un altro confronto generazionale, un incrocio per una nuova via o per il solito sentiero.