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Teatro Valle (ri)occupato: dopo le luci in sala arriva subito lo sgomberoLa reazione generale è stata «Era ora!». L’altro ieri il sindaco Gualtieri e l’assessore alla cultura Gotor hanno consegnato ufficialmente le chiavi del teatro Valle all’impresa che ha vinto l’appalto per i lavori di recupero e restauro della più antica sala di spettacolo nella capitale. Tempo dei lavori previsto un anno e mezzo, che con gli inevitabili ritardi e collaudi potrebbe voler dire che nei primi mesi del 2025 ( in tempo anche per le masse turistiche del giubileo) il teatro potrebbe riaprire le sue antiche porte. Costruito in legno nel 1727 dai nobili Capranica (di 5 anni più antico del vicino Argentina) ebbe nel secolo successivo la definitiva forma architettonica in muratura dal grande Valadier, e restò un modello insuperato di «teatro all’italiana», sede di spettacoli che hanno fatto storia. Per citarne solo qualcuno, Le balcon di Genet portato in scena da Sergio Tofano e Franca Valeri, che ha continuato a frequentarlo sempre come spettatrice, e a cui la sala è stata dedicata anche nel nome. Ma poi anche una famosa Fedra di Luca Ronconi con la grande Lilla Brignone affacciata a precipizio sul pubblico; e le decine e decine di ciliegi con cui Visconti creò l’omonimo Giardino cechoviano (spesso citati da Arbasino per l’applauso che li accoglieva a scena vuota); e ancora innumerevoli altri indimenticabili spettacoli, in quel velluto confortevole di una sala straordinaria.

TREDICI ANNI FA circa, il teatro Valle fu occupato da un gruppo folto di giovani teatranti, che protestavano contro il tran tran dell’organizzazione teatrale. Il «Valle occupato» fu una esperienza importante, che raccolse proseliti e interesse anche fuori d’Italia. Molti artisti di nome (dalla stessa Valeri a Ronconi) vi parteciparono ad alcune iniziative. E soprattutto venne approfondito il principio del «teatro come bene comune», con la partecipazione, generosa quanto scientifica, di una personalità straordinaria del diritto come Stefano Rodotà. Poi finì col prevalere la routine sempre più avara di sbocchi, cui pose termine lo sgombero del teatro, che da allora (tranne qualche mostra negli ultimi anni) è rimasto chiuso sprangato, verso la fatiscenza.Tredici anni fa circa, il teatro Valle fu occupato da un gruppo folto di giovani teatranti, che protestavano contro il tran tran dell’organizzazione teatrale.
Fino al momento dell’occupazione, il teatro era gestito dall’Eti (Ente teatrale italiano). Dopo lo sgombero fu affidato alla gestione del Teatro di Roma (che lo aveva gestito alla propria nascita). Lo Stabile si troverà quindi adesso a curarne il restauro e la manutenzione, e il ritorno all’agibilità teatrale vera e propria al termine dei lavori.

SAREBBE una buona notizia questo allargamento di importanti spazi culturali. Se non fosse per una «infausta» coincidenza. Fino all’altro ieri, chi ha più a cuore il teatro della capitale era rassicurato dalle voci che davano come futuro direttore Ninni Cutaia, alto dirigente dei Beni culturali con vastissima pratica proprio nell’amministrazione teatrale. Come una doccia fredda sugli spettatori è arrivata la sua nomina a commissario del Maggio musicale fiorentino: un ente tanto prestigioso che vede i suoi sovrintendenti troppo spesso «protestati», come ora Pereira che pure aveva rilanciato la Scala, o come anche come l’ottimo Cristiano Chiarot, costretto alla fuga dalla pretesa dei renziani fiorentini di metterlo sotto una curiosa tutela proveniente dal ministero… E sul Teatro di Roma si riaprirà la solita disputa tra nomi discutibili (già ne girano, forse ad arte, di imbarazzanti) quando tra meno di due mesi Giovanna Marinelli lascerà l’incarico di commissario, che ha trasformato lo stabile romano da Associazione in Fondazione.
Come non bastasse, la disgraziata scena capitale perde anche il direttore artistico musicale dell’Opera Alessio Vlad con due mesi di anticipo, senza dare spiegazioni.