Su una questione sono tutti d’accordo (sindacati, ordini, società scientifiche, aziende, cittadini): la vera emergenza del sistema sanitario pubblico oggi coincide con la carenza cronica di personale.

Se gli operatori sono il vero unico e insostituibile capitale allora senza operatori la stessa esistenza dei servizi è sotto scacco. Ce ne stiamo accorgendo ora che sono diminuiti i medici di medicina generale lasciando scoperte intere comunità di cittadini. Ce ne siamo accorti quando, a seguito del massacro che hanno subito e continuano a subire gli ospedali, abbiamo perduto centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Ma soprattutto ci siamo accorti che nei pronto soccorso mancano almeno 3 medici su 10 e che i medici che si riescono a reperire sono raccattati come e dove capita. Ce ne siamo accorti nella salute mentale un settore che opera esclusivamente sulla base del capitale professionale e che suo malgrado proprio perché mancano gli operatori si è trovato costretto a creare abbandono. Sono ormai anni che, su queste pagine, denunciamo con ostinazione quella che, considerando gli operatori come un capitale, abbiamo chiamato la vera magagna della sanità cioè la sua de-capitalizzazione .

È inutile dire che la privatizzazione della sanità è inversamente proporzionale alla sua de-capitalizzazione cioè, che, alla fine, de-capitalizzare e privatizzare sono praticamente la stessa cosa.

C’è voluta una pandemia per derogare anche se ob torto collo da questa miope politica, ma neanche questa catastrofe alla fine è riuscita a rimuovere il vero ostacolo che sono i tetti alle assunzioni imposti alle regioni (Dl 35, 2019).

Il principio di base è inequivocabilmente regressivo, le regioni non possono spendere per il personale più di quello che hanno speso nel 2018. Sono passati ormai quasi 5 anni con in mezzo una pandemia ma il tetto resta.

Siccome ormai davvero il sistema sta collassando, il governo ha pensato di mettere la solita pezza colorata senza tuttavia tappare il buco, cioè confermando la de-capitalizzazione come politica principale per contenere la spesa sanitaria e i tetti come limiti invalicabili. Nonostante il governo abbia criticato il Pnrr di Speranza, da quel che si capisce, non intende invertire la rotta.

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È così comparso a firma dei ministri Schillaci e Giorgetti una ipotesi di decreto al vaglio delle regioni con il quale i tetti di spesa sono confermati aggiornandoli semplicemente al 5% e con il quale le regioni, per godere della variazione di spesa concessa, devono aver rispettato tutti gli standard previsti dal Dm 70 (quello che per ragioni di risparmio dal 2025 definisce il territorio al massimo e gli ospedali al minimo). Le regioni fuori dagli standard sono parecchie il che vuol dire che non potranno assumere neanche un infermiere. I sindacati, che pure sull’abbattimento dei tetti avevano calcato molto la mano, al momento tacciono.

Questo significa sul piano politico due cose sostanziali: 1) il governo Meloni al di la delle chiacchiere conferma tutti gli orientamenti fallaci del Pnrr contro gli ospedali 2) il numero di operatori che le regioni potranno effettivamente assumere sarà infimo, cioè enormemente insufficiente rispetto al fabbisogno .

La linea governativa, alla fine, è non cambiare niente perché risolvere il problema della de-capitalizzazione in sanità costerebbe troppo. Questa assurdità è palesemente contro-teorica perché con una politica sanitaria seria sarebbe possibile fare esattamente il contrario: riqualificare l’intero sistema pubblico investendo sul capitale professionale. Ma su quale progetto se Schillaci non sa di cosa si parla?

Oltretutto all’assurdo si aggiunge anche la beffa, cioè la definizione di una “nuova” metodologia elaborata dall’ Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) per calcolare il fabbisogno di personale. Definirla un insulto nei confronti degli ospedali, dei diritti dei malati e della moderna cultura sanitaria è un eufemismo.

Quando la metodologia per definire il fabbisogno di personale di un ospedale è la stessa della riforma degli ospedali fatta nel 1969, si può esser certi che i suoi parametri saranno certamente farlocchi. Con l’ospedale farlocco ci rimettono prima di tutto i malati ma anche gli operatori e la medicina tutta. Purtroppo le chiacchiere stanno a zero: avremo in sanità pubblica sempre meno operatori quindi servizi sempre peggiori a tutto vantaggio della sanità privata.