Il 13 aprile 2022 la città di Carpi ha confermato la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. Il 15 aprile 2022 a Faenza si scatena una polemica perché una professoressa ha fatto studiare “Bella Ciao” agli alunni. Il 9 marzo 2022, il Giornale titolava: “A Kiev si canta Bella Ciao”.

In questi mesi abbiamo raggiunto una necessaria unanimità su un concetto: quello che sta avvenendo in Ucraina è la resistenza di un popolo e di uno Stato nei confronti di una criminale aggressione. Su questo non c’è discussione.

Per questo mi pare inutile, nonché fuorviante, assimilare questa resistenza, che ha una sua specificità storica e politica, alla resistenza italiana, con cui ha senz’altro pari dignità ma anche puntuali differenze (in Italia era una guerra civile, in Ucraina no; in Ucraina c’è in uno Stato e un esercito regolare che combattono contro l’invasore, in Italia non c’era; la resistenza ucraina include idee e forze politiche che non c’erano in quella italiana, e non contiene idee e forze politiche che in Italia c’erano).

Quello che invece mi pare assolutamente paradossale è il fatto che mentre siamo tutti d’accordo nell’onorare e rispettare la resistenza ucraina, lo facciamo in nome di una resistenza italiana che invece stiamo sistematicamente delegittimando da almeno trent’anni.

L’antifascismo non è più senso comune, il 25 aprile è una festa «divisiva», Mussolini «ha fatto anche cose buone», i partigiani «erano ladri», il confino «era una villeggiatura»… Forse dovremmo fare il percorso inverso: appellarci al rispetto e al riconoscimento per la resistenza ucraina per restituire legittimità e rispetto alla resistenza nostra. In fondo, se “Bella Ciao” va bene a Kiev, forse va bene pure a Faenza.

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Il testo di Bella ciao