C’è una continuità indissolubile tra il 25 aprile del 1945, la manifestazione del 1994 e il ripudio della guerra del 2024. Il movimento per la nonviolenza organizzata, c’era allora e ci sarà domani.

È la festa della Liberazione dalla guerra e dalla dittatura fascista, è la festa nazionale della Repubblica Italiana, è il compleanno della nostra democrazia, la nascita della pacificazione nazionale. Per questo oggi, che sono tornati a farsi sentire sempre più forti i rumori di guerra, c'è assoluto bisogno di rendere manifesta la politica costruttiva di pace.

Ripartiamo da Milano, dove fu diffuso l’annuncio: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione, contro la guerra, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine”, così diceva la voce di Sandro Pertini che proclamava alla radio la fine del fascismo; la stessa voce che decenni dopo, il giorno dell’elezione al Quirinale, diceva: “Si vuotino gli arsenali, sorgente di morte, si riempiano i granai, sorgente di vita”.

Sandro Pertini
“Si vuotino gli arsenali, sorgente di morte, si riempiano i granai, sorgente di vita”

Dieci anni fa, all’Arena di pace e disarmo, a Verona, proprio il 25 aprile avevamo issato un enorme striscione che diceva “La Liberazione oggi si chiama disarmo, La Resistenza oggi
si chiama nonviolenza”. Oggi più che mai la Repubblica democratica, cresciuta ed educata nei valori della Costituzione, deve essere l’espressione massima di tutto ciò che è civile (dal latino civilis, cittadino), termine che ha un’accezione come sostantivo: “status del cittadino in contrapposizione a militare”.

Infatti i fondamenti democratici, tra cui il ripudio della guerra e la difesa della patria, vengono affidati dalla Costituzione al “cittadino”, non all’esercito, non alle armi.

Nel 1994 il Movimento Nonviolento era in piazza a Milano per dire che l’antifascismo deve essere nonviolento, o non è antifascismo. Oggi questo è ancora più evidente e condiviso.

Se oggi la nonviolenza ha piena cittadinanza politica in Italia, lo dobbiamo principalmente all’antifascista Aldo Capitini, filosofo e fondatore del Movimento Nonviolento. Già negli anni trenta Capitini scopre la dimensione politica di Gandhi e intravede nella non-collaborazione la forza capace di sconfiggere l’oppressione del regime fascista e la via della resistenza nonviolenta all’ormai vicino secondo conflitto mondiale; introduce nel dibattito etico-politico il discorso su mezzi e fini, concentrandosi soprattutto sul “metodo”;  rompe con la Chiesa cattolica proprio per l’alleanza lateranense tra croce e moschetto; diventa quindi un punto di riferimento importante per molti giovani; rifiuta la tessera del Partito Nazionale Fascista, si pone in antitesi e rimane isolato sul piano politico; diventa vegetariano “perché vedevo che Mussolini portava gl’italiani alla guerra, e pensai che se si imparava a non uccidere nemmeno gli animali, si sarebbe sentita maggiore avversione nell’uccidere gli uomini”.

Aldo Capitini
“Se vuoi la pace, prepara la pace”

Dopo la Liberazione Capitini imposta tutto il suo lavoro culturale sull’ipotesi “se vuoi la pace, prepara la pace”. Si rivolge al mondo comunista, cattolico, socialista, liberale, per mettere pace e disarmo al primo punto dell’agenda politica: organizza la prima Marcia per la pace, lancia la Consulta italiana per la pace, fonda il Movimento Nonviolento,
per trasformare l’Italia da Patria armata a Matria disarmata.

Il mondo laico e quello religioso guardano oggi alla nonviolenza riconoscendo che non si può più prescindere da un confronto con essa. Questo è certamente un bene, anzi, è l’unico motivo che ci fa guardare avanti con qualche speranza, l’unica luce nel buio che ci circonda.

I movimenti nonviolenti non pretendono di esaurire in se stessi la proposta della nonviolenza che, come diceva Gandhi, è “antica come le montagne”, ma la via italiana alla nonviolenza non può che passare da questa storia.

Oggi come ieri il fascismo cammina su due gambe: violenza e militarismo.

Dunque l’antidoto è costituito da nonviolenza e antimilitarismo.

* L’autore è Presidente del Movimento Nonviolento