Scuola

10 ottobre, studenti in piazza contro una riforma «gelminiana»

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Riforme strutturali Uds e Rete degli Studenti confermano la mobilitazione contro il "pacchetto scuola" Renzi-Giannini che verrà presentato venerdì in Cmd. Reazione veemente contro l'ingresso dei privati, il "modello tedesco" e la gestione aziendalistica del pubblico

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 27 agosto 2014

La sottile linea rossa che collega la legge Aprea e il «piano scuola» del governo Renzi provoca una reazione veemente tra le organizzazioni studentesche strutturate: l’Unione degli Studenti (Uds) e la Rete degli Studenti. Loro se lo ricordano bene il Dl Aprea che vide la luce insieme alla riforma Gelmini dell’università nel 2008 e produsse l’indignazione del mondo della scuola con milioni di persone in piazza.

Il governo Monti provò a ripescarlo nel 2012, ma fu costretto a ritirarlo grazie ad una nuova mobilitazione degli studenti medi. Stando agli annunci agostani, venerdì l’esecutivo tornerà a riproporre alcune linee caratterizzanti del provvedimento che portava il nome di Valentina Aprea, oggi assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro alla regione Lombardia. Non è passato inosservato l’appoggio di Comunione e Liberazione agli annunci, ancora senza contenuto, del ministro Giannini.

Privati a scuola, riforma degli organi collegiali, ruolo manageriale per i dirigenti scolastici. Tanto basta per confermare le manifestazioni in decine di città il 10 ottobre. «Sconcertanti» definisce le dichiarazioni del ministro Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti: «Sembrano voler portare a termine le idee degli ultimi governi Berlusconi sulla scuola pubblica».

Per l’Uds è «inaccettabile procedere a nuove agevolazioni sulle scuole private, proprio mentre la scuola pubblica paga le conseguenze peggiori dopo anni di tagli». Si parla di un miliardo di euro per l’edilizia scolastica, solo la metà è disponibile, mentre nemmeno un euro è stato ad oggi speso. «Risorse che non sono nulla rispetto alle reali esigenze – risponde Lampis – non pensino di abbindolare il mondo della scuola e il Paese con piccole concessioni».

Il pensiero va agli 8,4 miliardi di euro tagliati da Tremonti-Gelmini-Berlusconi, mai più rifinanziati dal 2008. «La scuola non può essere un ambiente competitivo, dove va avanti il più forte, ma cooperativo, dove si va avanti assieme. Giannini si rileggesse Don Milani, invece di citarlo senza comprenderlo». L’opposizione è la riduzione della scuola a agenzia di collocamento: «Si attribuisce all’istruzione la responsabilità della mancanza di occupazione – continua Lampis – svilendo la sua funzione pedagogica in favore di uno sterile insegnamento di mestieri».

Per Alberto Irone, portavoce nazionale della Rete degli Studenti medi, negli annunci ci sono aspetti «potenzialmente positivi»: nuove assunzioni di docenti, alcune novità sulla didattica e sugli strumenti digitali, un più equo rapporto tra studenti disabili e insegnanti di sostegno. Quello che lo lascia «perplesso» è la necessità «di far convivere scuola pubblica e paritarie come due mondi indispensabili l’uno all’altro, quando però la pubblica è stata massacrata negli ultimi anni». Il rischio è di esasperare «la differenza tra formazione accademica e formazione professionale», assecondando una divisione del lavoro che precarizza sia i saperi professionali che quelli «cognitivi».

Quanto all’arrivo dei privati per finanziare scuole e laboratori Irone osserva: «Chi ci garantisce che questi finanziamenti non siano poi vincolati in qualche modo alla volontà esclusiva del finanziatore?».

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