Zucchero: «Rileggo i classici, ma a modo mio»
Nel 2021 Adelmo «Zucchero» Fornaciari, dopo due anni, tornò sulla scena discografica con Discover, album di cover con 13 brani (18 nella versione deluxe) di Genesis, Coldplay, Moby, De André, Concato, riletti a suo modo. Ora a distanza di 3 anni il musicista emiliano ripete la medesima operazione, Discover II, in cui interpreta lo stesso numero di brani, alcuni tradotti in italiano, scelti tra classici del rock pop internazionale (U2, Killers, Bleachers, Eddie Vedder, Marvin Gaye e altri) e nazionale (Ivan Graziani) con alcuni ospiti. Dietro questi progetti ci sono delle chiare motivazioni. «Dopo il covid ho deciso di stare più tempo in tour. Non riesco – dice – a fermarmi a casa; dopo un po’ mi annoio e devo ripartire subito. Questo – spiega Zucchero – non permette di scrivere materiale, elaborarlo ed entrare in studio. Così nel 2025 farò solo 5 stadi in Italia e qualche festival perché da gennaio inizio a pensare un nuovo album: scrivere il materiale richiederà tempo. Non so se uscirà qualcosa nel 25 o nel 26». Niente Discover III dunque. In assenza di materiale originale la musica a cui attingere non manca. «I due dischi contengono canzoni che ho sempre amato e suonato, fin da quando avevo 13 anni in balera. Ai tempi – ricorda – non cantavo ancora, suonavo il sax nell’orchestra. Una sera il cantante non si presentò e io, che ero l’unico che ricordava i testi, fui messo a cantare. Il giorno dopo fui promosso a cantante e quello di prima licenziato.” Canzoni che spaziano sino ad arrivare ad autori attuali. “Queste sono quelle che preferisco – confessa – vorrei averle scritte io e sono quelle più vicine al mio stile».
L’APPROCCIO alla rilettura è molto pacato e alcuni brani sono rallentati. «Il singolo Amor che muove il sole è dei Killers e ho rifatto il testo, non è una traduzione letterale, perché secondo me non corrisponde alla musica e la traduzione in italiano non funzionava. Una come te, in origine dei Bleachers – prosegue Zucchero – aveva una tematica già originale che mi interessava, che è quella delle gang che si ammazzano per un paio di scarpe, ragazzi giovani che non danno valore alla vita, che non hanno futuro. Anche lì ho messo parole mie. With or Without you sì, è rallentata più rotonda, più rotolante, rispetto all’originale degli U2. È una canzone su un amore finito ma senza vendetta, due che si lasciano e uno dice: non posso vivere con te o senza di te. È un grande atto d’amore e quindi – conclude – mi è venuta più soft». «Io – dice Zucchero – non sono un bluesman, attingo dalla musica afroamericana, dal blues, dal soul dal gospel, dal rhythm & blues ma non mi definisco uno che fa blues, che è uno stile più rigido».
DUE BRANI sono stati riadattati con un testo in italiano, una cosa a cui Zucchero tiene molto. «La mia fortuna all’estero – riflette – è quella di cantare in italiano. I discografici mi chiedevano ogni volta la versione in inglese dei dischi ma io ho sempre rifiutato». Ed evidentemente ha avuto ragione lui, visto che è uno dei pochi “ambasciatori” all’estero della musica italiana. «Siamo sempre quelli di Volare lo stereotipo della musica italiana. Siamo quelli del bel canto con alcune particolarità come me, Ramazzotti e la Pausini, che però usa lo spagnolo ed anche il portoghese».”Al di là di questi nomi (e non cita i Maneskin, forse solo per dimenticanza) Zucchero non vede altro futuro all’estero e fa alcune considerazioni sulla musica italiana.
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L’incubo americano degli U2«Ci sono cose che non posso definire musica – afferma drastico – C’è il pop con i suoi nomi e i suoi successi e poi c’è questo mondo di trap/rap che non considero musica, ma è uno sfogo, a volte rabbioso. Non c’è una melodia che rimarrà. Le parole sono tante e alla fine anche le frasi forti, belle non te le ricordi. Sì – conclude – è un po’ l’urgenza espressiva, la voglia di vomitare fuori la rabbia che aveva anche un certo punk negli anni ’70». Zucchero ha anche uno sguardo extra musicale ed esprime il suo rammarico per la rielezione di Trump. «Speravo andasse diversamente ma ogni volta che vado in America e chiedo agli autisti, ai tassisti, ai portieri d’albergo per chi votano tutti mi dicono Trump. Evidentemente è molto popolare».
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