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Zone umide, un patrimonio da tutelare

Zone umide, un patrimonio da tutelare

Wwf L'associazione ambientalista lancia una campagna che punta a ricostruire quel prezioso sistema linfatico fatto di laghi, stagni, paludi, fontanili e pozze

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 8 febbraio 2018

Sono gli ecosistemi più a rischio del Pianeta: stagni, laghi, paludi… le zone umide, assai presenti nell’antichità, ma da secoli in fortissima diminuzione. In Italia il colpo finale è stato dato tra l’Ottocento e il Novecento con le “bonifiche” del Lago del Fucino, quelle delle paludi pontine, tanto decantate da Goethe nel suo Viaggio in Italia, o quelle del ferrarese.

In occasione della Giornata delle zone umide, celebrata in tutto il mondo lo scorso 2 febbraio, il WWF, che attraverso le sue Oasi gestisce la più diffusa rete italiana con circa 70 aree umide, ha presentato un report da cui emerge come, secondo i dati ISPRA, nel 2014 in Italia solo il 29% di habitat e specie legate all’ambiente acquatico fosse in uno stato favorevole.

Tutelate fin dal 1971 dalla Convenzione Internazionale di Ramsar, le zone umide sono gli ambienti con la più elevata ricchezza di biodiversità al mondo (insieme alle barriere coralline) e hanno un enorme valore in termini di servizi ambientali. Questi habitat, infatti, hanno un effetto spugna in caso di inondazioni, riducono il rischio alluvioni, immagazzinano carbonio e rappresentano degli straordinari serbatoi per nutrienti, efficaci depuratori naturali e luoghi di riproduzione per pesci, molluschi e uccelli.

Nel “Millennium Ecosystem Assessment” è stato attribuito ai servizi ecosistemici complessivi delle zone umide un valore economico di 15.000 miliardi di dollari: ad esempio, è stato valutato in oltre 23 miliardi di dollari l’anno il ruolo di protezione dagli uragani lungo le coste statunitensi, mentre le pianure alluvionali del Danubio sono essenziali per ridurre i danni da alluvioni.

Queste aree hanno poi un alto valore educativo e ricreativo per attività di birdwatching e varie forme di turismo che attraggono ogni anno migliaia e migliaia di visitatori.

Sono però i primi ambienti a risentire dei danni dell’effetto serra: un vero e proprio paradosso, visto il loro ruolo nella difesa dal caos climatico. Già oggi varie zone umide italiane, dal nord al sud, mostrano processi di desertificazione precoci: il bosco della Mesola nel Delta del Po in Emilia Romagna, il lago di Massaciuccoli e la pineta di Alberese in Toscana, la tenuta di Castel Porziano e il Parco nazionale del Circeo nel Lazio, il bosco di Policoro in Basilicata e le zone umide della Sardegna occidentale.

Per arrestare questa preoccupante perdita di biodiversità e far conoscere l’enorme valore delle zone umide, il WWF ha lanciato la campagna “One Million Ponds” che punta a ricostruire quel prezioso sistema linfatico fatto di laghi, stagni, pozze, fontanili, torbiere e acquitrini: una gamma variegata di habitat tra terra e acqua, 15 dei quali sono tutelati dalla Direttiva europea “Habitat” a cui l’Unione Europea, attraverso la Rete Natura2000, affida la conservazione della biodiversità del nostro continente.

La campagna è rivolta a soci, volontari, esperti e cittadini per favorire un’adeguata conoscenza di questi ambienti preziosi, sensibilizzare sulla loro importanza e rafforzare la loro tutela. Si inizierà con un censimento degli specchi d’acqua dove sono presenti piante e animali palustri, ma si potranno anche realizzare piccoli stagni “fai da te”: sulla pagina www.wwf.it/onemillionponds si trovano tutte le indicazioni per creare un habitat ideale per rane, libellule e ninfee nel giardino di casa o nel cortile della scuola.

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